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Beppe Grillo e il figlio, "cosa non torna sull'inchiesta". Pietro Senaldi: una vergogna di Pd e magistrati?

Pietro Senaldi
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Signora mia, com’è sgraziato Beppe Grillo. Urla come un invasato, gli vengono gli occhi piccoli, afferma mostruosità giuridiche e non ha nessun rispetto per le donne; ma qui non c’è discriminazione sessuale: lui non rispetta gli esseri umani in generale. Scandalizza le anime belle il video nel quale il tragicomico difende il figlio Ciro dall’accusa di stupro, ottenendo l'effetto opposto, perché chi guarda pensa: con un papà così, crescere delinquente non sarebbe una colpa bensì una conseguenza... E così, caso strano nel momento in cui il partito è in grande difficoltà, tutti a dare addosso al leader di M5S, secondo l'intramontabile pratica italiana del calcio dell'asino.
Da sinistra Beppe Grillo, che in un video diffuso sui social, ha difeso con toni esagitati il figlio Ciro, al centro nella foto. Il ragazzo è accusato di violenza sessuale di gruppo perché, con tre amici, nell'estate del 2019, avrebbe abusato di una ragazza in Sardegna. A destra il leader della Lega Salvini, rinviato a giudizio per il caso Open Arms A parte un imbarazzato e altrettanto tragicomico Conte - ma c'è da capirlo, l'avvocato vorrebbe tenere partito -, per Beppe padre disperato pietà l'è morta. Matteo Salvini ha definito «disgustosa e da Medioevo» l'arringa del manettaro ligure convertitosi lunedì al garantismo dalle disavventure della prole sulla via della procura di Tempo Pausania. C'è da capirlo, il guru di M5S vorrebbe incarcerare per 15 anni il leghista per sequestro di persona ed è sempre stato più sgradevole che caustico verso l'ex ragazzo del Lorenteggio, nato solo perché purtroppo quella sera la signora Salvini non prese la pillola (copyright dell'istrione quando ancora non si era rattristato).

 

 

 

Un filo più ipocrite le reprimende verso l'alleato venute dai compagni di merende del Pd, che studiano da tempo un'alleanza strutturale con i discepoli di Grillo. Pur di consolidare il progetto, i dem hanno ingurgitato le idee più balzane dei Cinquestelle in tema di giustizia, lavoro, welfare, fanno le verginelle. Biasimano i toni e i concetti del guru pentastellato fingendo di aver appreso solo dal video sul figlio con chi si accompagnano. Eppure, che il comico genovese fosse un leader aggressivo, antidemocratico, auto-riferito e violento è cosa di dominio pubblico almeno da quando Beppe ha fondato un movimento che come programma politico ha unicamente il "vaffa", indirizzato soprattutto ai dem. Che squallore i sinistri, attaccano il compagno di viaggio dove è più fragile e innocuo, sul piano personale, e ne avallano le mostruosità politiche. Troppo facile, cari signori. Affermare che Grillo è maschilista e sprezzante delle istituzioni è considerazione da bar.

Chi fa comunistella con il comico nel Palazzo, non può limitarsi alla critica da social, che per quanto violenta si consuma in un giorno, ma ha il dovere di trasformare in azione critiche e opinioni. Il Pd è in Parlamento. Se il capo di M5S lo scandalizza, agisca di conseguenza. Non si parla di far cadere il governo cacciando i grillini perché hanno un capo rozzo. La pandemia è ottima scusa per richiamare tutti a calma e responsabilità nell'attesa di tempi più consoni. Però qualcosa si potrebbe fare, a livello politico e non di chiacchiere. Papà Beppe si è accorto, a spese di suo figlio, che la giustizia è ingiusta e la legge non regge, visto che Ciro è indagato da due anni, tenuto a friggere alla mercé di un pm. C'è chi sostiene che in questo tempo l'inchiesta non sia andata avanti perché il ministro della Giustizia era grillino. e così pure il premier. e che ora abbia un'accelerata perché, con un Guardasigilli e un presidente del Consiglio tecnici, sia saltato il tappo politico che inibiva i pm. Non si può sapere, anche se fa strano che venga lamentata la lentezza della procedura dal padre dell'imputato, dopo che la difesa ha chiesto sei mesi di indagine aggiuntiva. Comunque sia, il Pd approfitti della resipiscenza del guru, non sarà eterna, e lo sfidi sui fatti e nell'aula, non sui giornali e a parole.

 

 

 

Giace un'orripilante legge di matrice pentastellata che abolisce la prescrizione, sancendo che chiunque può restare a vita sotto scacco della magistratura. Ebbene, i dem raccolgano il grido di dolore di Beppe per i due anni di Ciro nel limbo e ne approfittino per imporre a M5S il ritiro della norma. Se non ora, quando? La cosa non risolverebbe la vicenda dello stupro e neppure trasformerebbe in un gentleman il leader di Cinquestelle, ma risparmierebbe sofferenze ingiuste a decine di migliaia di persone e sarebbe la prova che anche dal male può nascere il bene. Infine, ben si capisce che un'accusa di stupro al figlio dell'Elevato è argomento pruriginoso . Ma è avvilente come esso sia in grado di paralizzare la politica per giorni. Si tratta di vicenda grave, ma privata, non suscettibile di minare le fondamenta delle istituzioni. La reazione migliore per disinnescarla è il silenzio.

Assolutamente da non archiviare invece, perché devastante per la nostra democrazia, è la richiesta di processo per Salvini, sulla quale è stato messo il silenziatore. Se la medesima azione è un atto politico quando governi e un reato se passi all'opposizione, se un diritto a Catania diventa un crimine a Palermo, se in due hanno la responsabilità di una decisione ma alla sbarra ci va solo uno, siamo in presenza di una giustizia indegna di un Paese che voglia ancora dirsi civile. Non è un particolare poi che il giustizialista gridi al complotto e provi a condizionare la magistratura quando gli tocca la sbarra, comportandosi come se la Procura dovesse rispondergli, mentre il garantista, per non peggiorare la propria situazione, è costretto dall'avvocato a fare dichiarazioni di fiducia a chi lo incrimina.

 

 

 

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