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Sinistra e lavoratori, divorzio definitivo: il Pd se ne frega di chi fatica e questi votano a destra

Kurtz
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Lavoratori...! E poi via con il fischio. Tutti conoscono la famosa scena de I Vitelloni di Fellini. Che è l'immagine più nitida di cosa sia oggi la sinistra. È già da un pezzo per la verità che, in Italia e in Europa, essa ha perso il contatto con il mondo della lavoro. Ma le recenti elezioni amministrative, in Spagna e nel Regno Unito, con i quartieri Rossi di Madrid passati alla destra di Vox, e con le circoscrizioni laburiste inglesi diventate conservatrici, mostrano che questa tendenza è ormai profonda è irreversibile. Ancora fino a poco fa, la fuga dei lavoratori dalla sinistra (e viceversa) qualcuno la considerava uno smarrimento momentaneo: i vari D'Alema, Bersani, Speranza, buoni ultimi, lasciarono il Pd di Renzi perché lo consideravano andato "troppo a destra", diventato "liberista"(figurarsi!) e che per questo gli operai l'avrebbero abbandonato. Invece le ultime elezioni mostrano che il divorzio tra lavoratori e sinistra è definitivo: ormai gli operai, che non sono spariti, anzi, votano stabilmente a destra. E non solo, e tanto, per ragioni economiche, ma proprio per motivazioni identitarie e culturali. Su tutte ad esempio, l'immigrazione.

 

 

FRONTIERE APERTE
Gli operai sono le prime vittime delle frontiere aperte promosse dalla sinistra. E poi appunto le ragioni identitarie, la sinistra vuole rappresentare soprattutto le minoranze, sia quelle sessuali che quelle etniche ed è soprattutto ostile alle tradizioni. Ma le classi popolari sono quelle più legate alla tradizione mentre le classi alte cosmopolitiche le sbeffeggiano e le deridono. Hanno ragione perciò i politologi inglesi a parlare di "grande riallineamento", quello della separazione tra classi lavoratrici e sinistra. È infatti qualcosa di clamoroso che incide sulla identità della sinistra. Fin dalle sue origini essa si era battuta per portare gli operai, se non all'"assalto al cielo", a migliorarne le condizioni di vita.

 

 

Ma ora che il legame con i lavoratori si è affievolito fino a sparire, e che la costituente sociale della sinistra è composta da immigrati, minoranze, classi medio alte o affluenti, essa dovrà cambiare totalmente la sua pelle. Ma il "grande riallineamento" obbliga pure la destra e i conservatori a una trasformazione. Essi non possono certo, e non devono, diventare socialisti o statalisti dal punto di vista economico, nè possono diventare "classisti": la destra che imita la sinistra farebbe ridere. Ma nel loro essere il partito della Nazione essi dovranno ascoltare molto più di prima i bisogni delle classi lavoratrici. Bisogni economici e sociali, ma anche e forse soprattutto bisogni identitari. La destra avrà futuro se saprà essere al tempo stesso nazionale e popolare. Se saprà vincere questa sfida, avrà praterie di fronte a sè.

 

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