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Ddl Zan, non voglio l'utero in affitto. Qualcuno mi arresterà? Lezioni di democrazia

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Iuri Maria Prado
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Proviamo a testare il ddl Zan mettendo nero su bianco "l'odio" che quel disegno di legge si propone di reprimere con la minaccia della galera. Ma prima una piccola premessa: se devo scegliere di assumere un eterosessuale o un gay, e se proprio non c'è uno scarto enorme tra la competenza e l'intelligenza dell'uno e dell'altro, scelgo il secondo e scarto il primo. Idem se mi si presentano un bianco e un nero: preferisco questo. E così se mi trovo davanti un discendente della patria con indietro otto generazioni di varesotti o di napoletani, da una parte, e un figlio di immigrati dall'altra parte: prendo questo. Giusto per intendersi.

E tuttavia se vedo la foto di due maschi col camice in sala parto, con in braccio il bambino appena uscito dalla pancia della madre, anche lei inquadrata in quell'immagine ripugnante mentre guarda i due cui ha "regalato" il frutto della sua gestazione, quei due gioiosi perché finalmente hanno visto soddisfatto il loro "diritto" alla paternità, col bimbo adibito a modulo risarcitorio della loro ansia di completamento matrimoniale, ecco, mi viene uno schifo da non dire.

 

 

 

Considero ignominiosa la loro pretesa acquisitoria, detestabile la specie di creazionismo due punto zero con cui mettono al centro della vita altrui la loro istanza bestiale travestita di amorosi sensi, intollerabile la loro rivendicazione genitoriale, paragonabile a quella del cinofilo che perlustra gli allevamenti e prenota il cucciolo da ritirare alla prossima sfornata. C'è caso che scrivere queste cose risulti illecito alla luce delle norme "contro l'odio" che compongono il disegno di legge? Secondo me c'è caso eccome. E allora continuiamo.

 

 

 

La coppia di omosessuali (maschi o femmine, non importa) straziata perché non può fare figli, e chiede allo Stato di porre rimedio a quel loro impedimento legittimando la trasformazione delle donne in distributrici di complementi familiari, a me fa letteralmente schifo. Ora io so benissimo che queste cose possono essere impugnate come strumento improprio da gente con cui non solo non ho nulla a che fare, ma che disprezzo, quelli che chiamano assassina la donna che decide di abortire o, per tornare alla libertà di determinazione sessuale, si danno di gomito quando vedono passare il finocchio. Ma non mi importa.

Qui è in questione ben più che il profilo ancora retrogrado, ed effettivamente discriminatorio, per cui indiscutibilmente si segnala una parte non insignificante della nostra società. È in questione il diritto, che quel disegno di legge compromette, di manifestare idee e di farne propaganda. Propaganda, sì. E io senz’altro voglio,fortemente voglio istigare chi mi legge a pensarla come me: a pensare che sia ributtante l’immagine di quei due in delizia col bimbo in braccio appena estratto dalla generatrice a contratto; a pensare che non hanno proprio nessun diritto alla famigliola, che per me non c’è nemmeno per gli eterosessuali; a pensare che è osceno e incivile e persino moralmente riprovevole il reclamo ugualitario “dell’amore” come tessera di Stato per far scodellare bimbi in favore della coppia che non si basta.

Dice:e se poi queste tue parole inducono qualcuno a fare violenza su quella coppia gay, o a discriminarla? Risposta: quindi se io scrivo che detesto gli avvocati e uno si mette a picchiarli è colpa mia? E soprattutto: se qualcuno facesse del male a quella coppia di omosessuali dovrebbe essere punito perché ha fatto male a due “persone”, che hanno diritto di non essere molestate senza che questo cancelli il mio diritto di dire peste e corna delle loro rivendicazioni.

 

 

 

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