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Recovery Plan e riforme: ce le chiede l'Europa? Sì, e sono le stesse che vuole il centrodestra

 Mario Draghi

Francesco Carella
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I nodi che il governo italiano dovrà sciogliere in sede europea affinché i tempi e i modi del Recovery plan vengano rispettati ruotano intorno ad una serie di questioni irrisolte del nostro Paese - causate dall'ipertrofia statalista - che vanno, per citare i casi più eclatanti, dall'arretratezza della pubblica amministrazione alle disfunzioni - per esprimerci con un eufemismo - della macchina giudiziaria sia civile che penale. È su questi temi che il cittadino elettore misurerà l'idea di futuro che ciascuna forza politica metterà in campo nel medio e lungo periodo. In una fase in cui l'ago della bussola della sinistra vira sempre di più sui temi etici (mettendo a rischio con il Ddl Zan la libertà di opinione) a scapito di quelli socio-economici (tranne occuparsene solo in termini vendicativi come dimostra il rilancio della tassa sull'eredità) l'area moderata è di gran lunga più credibile nel rispondere positivamente ai quesiti posti dall'Unione, per ragioni che attengono alla sua tradizione politica vicina più di altre ai valori del liberalismo. Infatti, mentre il Pantheon della sinistra è ricco di figure il cui pensiero, incentrato sullo statalismo, non ha prodotto altro nella storia che lacrime e povertà, le idee e i princìpi del liberalismo costituiscono ancora oggi i cardini degli ordinamenti democratici. Dall'Ue raccomandano un'efficace opera di snellimento delle procedure nei pubblici uffici a partire da quelli giudiziari. Ebbene, in tal senso, non c'è che da far propria la lezione di Luigi Einaudi, quando ricorda che «se si vive in un sistema in cui tutti debbono ottenere permessi dalle autorità preposte è fatale che la corruzione sia dietro l'angolo». MALE OSCURO Detta diversamente, il male oscuro del malaffare italiano non si combatte come propugnano le "anime candide" a colpi di inchieste giudiziarie, ma aggredendo alla radice le cause che ne favoriscono la crescita. Un'altra riforma urgente che viene sollecitata da Bruxelles riguarda il sistema fiscale che andrebbe alleggerito al fine di stimolare l'intrapresa privata, fonte primaria della produzione di ricchezza nazionale. A tal proposito, a coloro che accusano d'insensibilità sociale i fautori di una siffatta rivoluzione tributaria (perché comprometterebbe, a loro dire, il sistema di welfare) vale la pena di rispondere sempre con le parole di Einaudi, il quale nell'aprile 1948 scriveva sul Corriere della Sera che «fa d'uopo dare all'uomo la sicurezza della vita materiale e assicurargli la libertà dal bisogno, perché egli sia veramente libero, si senta davvero uguale agli altri nella vita civile e politica e autonomo nella manifestazione del pensiero». Va da sé che non potrà realizzarsi alcun processo riformatore se non si farà chiarezza su un altro falso storico largamente diffuso dalla sinistra, ossia che il sovranismo sarebbe l'anticamera dell'autoritarismo. Si tratta di una menzogna che ha di fatto delegittimato negli ultimi anni ogni scelta politica coraggiosa. La verità storica è che con il concetto di sovranità fa ingresso nello spazio pubblico - per dirla con Norberto Bobbio - «l'idea di centralità della legge intesa come fondamento dello Stato e come supremo comando nel sovrano esercizio delle funzioni principali di un sistema di governo». In tal senso, il Recovery plan non è soltanto un'occasione di crescita economica, ma rappresenta anche, in forza dei cambiamenti che richiede, una grande opportunità per chi voglia modernizzare in senso liberale la politica e la cultura del nostro Paese.

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