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Danilo Toninelli umiliato al supermercato dai passanti e anche da Luigi Di Maio: nel suo libro, il racconto dei fallimenti

Brunella Bolloli
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In copertina ha lo sguardo «concentrato» che scruta l'orizzonte. Dentro, c'è la carrellata di gaffe che ha reso indimenticabile la sua esperienza da ministro dei Trasporti: poco più di un anno nel primo governo Conte, ma così tanti spunti da offrire che lui stesso ha voluto scriverci un libro, un'autobiografia dei suoi svarioni in vendita su Amazon. Titolo: "Non mollare mai - La storia del ministro più attaccato di sempre". Danilo Toninelli da Soresina è fatto così, ha «un grande cuore», scrive di sé, «e a lungo andare se non hai un grande cuore la politica ti rende peggiore», invece lui è felice della sua «sincerità che qualcuno ha definito ingenuità» ed è orgoglioso «di non avere ascoltato i consigli di chi mi si professava amico e mi diceva di non essere me stesso».

 

 

Ecco. Non sappiamo come sarebbe finita se li avesse ascoltati, ma possiamo dire che seguendo la sua strategia non è andata benissimo. Eppure il serafico grillino persevera nelle proprie convinzioni, rivendica tutto, dal tunnel del Brennero ai selfie inopportuni dopo la tragedia del ponte Morandi e anzi si considera vittima di un fantomatico metodo Boffo apparecchiato contro di lui dai giornali anti-M5S e dal nemico numero uno: Matteo Salvini. La copertina del libro del senatore Danilo Toninelli, "Non mollare mai" Nel volumetto autoprodotto dal pentastellato «in un grazioso monolocale con vista sui tetti di Trastevere, dove il silenzio veniva rotto solo dai rintocchi delle campane della Basilica», molte pagine sono dedicate al leader della Lega, come se Toninelli ne fosse ossessionato. Povero Danilo, bisogna capirlo: se Salvini non avesse deciso di staccare la spina al governo gialloverde, forse a quest' ora sarebbe ancora là, nell'ufficio più ambìto del ministero di Porta Pia dove spesso arrivava alle otto di mattina direttamente dalla palestra «in tuta ginnica» per poi salire le scale del palazzo salutando i dipendenti con un «ciao», perché in fondo uno vale uno, lo insegna anche Grillo, altrimenti non si spiega come ha potuto il responsabile riforme istituzionali del M5S essere catapultato al vertice di quel dicastero dove ammette: «Dovetti studiare tantissimo, in poco tempo, soprattutto in virtù delle uscite pubbliche da ministro».

 

 

LA STECCA SULLA TAV
Peccato che già alla prima, al Salone dell'automobile di Torino, parte il campionario di gaffe. A un cronista che gli chiede un commento sulle parole dell'allora governatore del Piemonte, Chiamparino, che aveva dichiarato che pur di vedere partire i lavori della Tav si sarebbe sdraiato sui binari, il titolare del Mit risponde sicuro: Chiamparino si stenda pure, perché non passerà alcun treno ad alta velocità. Apriti cielo. Nell'esecutivo scoppia il caso, Toninelli da lì a poco sarà soprannominato «Toninulla». A giugno inizia la grana migranti con le navi delle Ong e subito si capisce che gli alleati del Carroccio intendono muoversi in un certo modo. Il nostro, che in qualità di ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti aveva la competenza attraverso la Guardia Costiera della sicurezza di ciascuna imbarcazione fino all'attracco in Italia, chiama il collega dell'Interno per sottoporgli la questione e chiedergli collaborazione. «Al telefono Salvini si dichiarò d'accordo. Poi le sue azioni andarono in tutt' altra direzione», si legge a pagina 26. E poco più avanti, il grillino esterna tutta la sua amarezza nel confessare che «al supermercato le persone mi fermavano per chiedermi di salutare Salvini e di ringraziarlo per non avere concesso ai migranti di sbarcare, oppure mi pregavano di non litigare con la Lega, che ci stava salvando dall'invasione».

 

 

Il senatore M5S non si capacita di come le sue battaglie non siano state apprezzate dalla pubblica opinione e pure all'interno del Movimento non è stato sempre spalleggiato neppure da un big come Luigi Di Maio, più interessato forse a tenere buoni rapporti con l'altro vicepremier. Dal contratto stracciato per "l'Air Force Renzi" alla vicenda delle concessioni autostradali su cui si era impuntato «per fare tornare ai cittadini gli immensi utili derivanti dalla loro gestione» al «grande traguardo» di avere sbloccato la strada provinciale di Joppolo, in Calabria, interrotta a causa di un masso, l'ex capogruppo M5S rivendica i successi. «La notizia di Joppolo venne completamente ignorata sui media nazionali, non importava», scrive nelle 200 pagine del pamphlet, «che insieme ai miei validissimi collaboratori stavamo gestendo un problema dietro l'altro». Quando capisce di essere il bersaglio della «macchina del fango», si sfoga con le famiglie del condominio con cui organizzava d'estate la consueta grigliata del sabato sera. «Li avvertii che stavo affrontando dossier scottanti, che toccavano un sistema di potere e denaro molto forte e che non avrebbero dovuto credere a quanto si sarebbe detto su di me. Dissi che mi avrebbero dipinto come un incapace, un inetto, e che anche a loro sarebbero venuti dubbi su chi fossi realmente. Io sono stato massacrato dal sistema di potere mentre facevo il bene del Paese».

MESI FEBBRILI
Ma il patatrac avviene di lì a poco, con la tragedia del ponte Morandi. È agosto e il ministro è in ferie con la famiglia: moglie e i due bimbi. Subito non comprende ciò che è accaduto: «Stavamo finalmente respirando ossigeno vero, insieme stavamo lentamente recuperando le forze dopo due mesi febbrili a studiare dossier», dice. Insomma, stava cercando di godersi la vacanza in Spagna quando a Genova crolla il viadotto e 43 persone restano uccise. «Ricevevo telefonate e messaggi ma non prendeva bene la linea», dopo un po' gli viene in mente che è meglio se torna in Italia ma, che sfiga, non ha una giacca da mettersi, solo costumi e bermuda. Parte per Ventimiglia e si ferma in prefettura a cambiarsi: «Un ufficiale della Guardia Costiera fu tanto gentile da prestarmi alcuni suoi indumenti», spiega. Il tempo dei funerali, qualche giorno in Italia, ma poi rinunciare alle ferie non si può. Così Danilo torna dalla famigliola e non rinuncia a uno dei suoi cavalli di battaglia: il selfie sbracato. Scoppia un'altra polemica. Il centrodestra vuole che si scusi con i familiari delle vittime. Lui ancora oggi non comprende cosa ha fatto di male. Anche quando, pur insistendo come un matto sulla mobilità elettrica, ha ammesso di avere comprato una jeep diesel «per risparmiare», o come quando su Fb voleva fare lo spiritosone: «Ho revocato la revoca della concessione al mio barbiere». E poi si stupisce che nel Conte due non l'hanno più voluto: «Guardavo la maratona di Mentana e Conte non ha citato il mio nome tra i ministri...».

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