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Patto Salvini-Berlusconi, il terrore a sinistra: "Nessun orizzonte di valori". Ma quando nacque l'Ulivo...

Renato Farina
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Un fantasma turba l'establishment, la crème, l'élite, i quartieri alti - ciascuno chiami lorsignori come gli pare. Basta leggere i loro giornali, in cui si specchiano il mattino. Hanno in uggia il sorgere, semplicemente ipotizzato, appena appena abbozzato, di un carrarmato di centrodestra che entri in azione dinamica a sostegno di Draghi, ma con le proprie priorità chiare e nette su giustizia e tasse, liberando il campo dall'ostruzionismo senza arte e scarsissima parte di Partito democratico, Leu e porzioni scismatiche di 5 Stelle.

Basti leggere le cronache politiche di questo fine settimana atte a dissuadere gli spostamenti tattici e strategici tra le formazioni politiche e parlamentari che non garbano alla sinistra. Stiamo parlando - e Libero è stato il primo a raccontarlo - del progetto di federazione o se si preferisce rassémblement, coordinamento stretto, ecc. che Salvini e Berlusconi stanno progettando tra Lega e Forza Italia. Non si sa se questa idea metterà i piedi per terra e correrà. Le opinioni divergono sulla utilità e sulla forma di questo abbraccio, e neppure i due principali autori di questo disegno mostrano di farne questione di vita o di morte. Ma allora perché fanno così, e le teste più fini del progressismo moderato o estremo sono concordi nel desiderio che abortisca? Non che il tema sia in testa alle preoccupazioni o agli entusiasmi degli italiani, usciamo da un periodo infame di gatte da pelare, per mettercene a spellarne un'altra. Gli intellettuali invece sì, anche se non è roba della loro tribù. Osserviamo più da vicino le prime pagine di ieri.

 

 

 

I vaccini corrono, le città riaprono, i decreti per accedere ai miliardi europei viaggiano. I giornali (ex) grandi lo dicono, eccome se lo dicono. Parlano bene del governo. E così i direttori e gli editorialisti principali, come sempre dall'avvento di Super Mario, hanno calzato doverosamente le loro belle parrucche da notabili draghiani come gli antichi lord della Corona. I concetti sono i medesimi per tutti, il pluralismo si limita alla sfumatura delle mèches che adornano i toupé. Ad esempio Massimo Giannini, alla guida della Stampa, si riconosce per qualche ciuffo rosso, coloritura che si stinge un po' sulla testa di Maurizio Molinari (Repubblica) e si acquieta ulteriormente sul cucuzzolo degli editorialisti del Corriere della Sera, com' è stato ieri il caso dell'ottimo vicedirettore Antonio Polito. Appoggiano Draghi da sinistra. Ma c'è un problema. La sinistra è sparita dai radar. Si esibisce in qualche spruzzo di vernice sulle pareti, per segnare un territorio che non coincide con quello che abita la gente comune: antirazzismo, parità di genere, tasse di successione, ius soli, omotransfobia. Parole gergali di un club che è potentissimo nei circoli che alimentano giornali e talk show ma sono lussi fighetti per il popolo. Che succede? Draghi non ha un asse politico su cui fare perno in Parlamento.

L'hub di Draghi è lui stesso, il prestigio che sostiene lui nel mondo è quello che consente all'Italia manovre che altrimenti sarebbero state impiombate dai mercati finanziari. Nessuna forza responsabile, e tra esse certo Fratelli d'Italia che pure è all'opposizione, vuole affondarlo: annegheremmo tutti, è matematico. Ora che i decreti decisivi, sulla semplificazione e sulla riforma della burocrazia, sono stati approntati c'è da occuparsi di temi più politici. Non dimenticando che è stata una faccenda molto da liberale e riformista disboscare i grovigli infami che impediscono appalti, ristrutturazioni, certificazioni, e non a caso l'autore principale ne è stato Renato Brunetta, con il sicuro appoggio dei ministri di centrodestra, che sono i più bra vi del bigoncio. Tutto questo spaventa, fa temere che l'inerzia del gioco proceda lungo questa direzione su imposte e giustizia.

 

 

 

Oggi le componenti di destra e sinistra (con i rispettivi centri) si equivalgono in Parlamento. Anzi, se mai, essendo FdI fuori della maggioranza, e ipotizzando un'alleanza strutturata tra Pd -Leu e M5S, sarebbe più forte la sinistra. Le cose cambierebbero se si formasse un solo blocco di centrodestra. Scrive Repubblica con lucidità: «Il nuovo gruppo, qualora la fusione andasse in porto, conquisterebbe il primato in Parlamento superando anche i 5Stelle: conterebbe infatti 96 senatori (contro i 75 grillini) e 210 deputati (contro 162). Un peso enorme, che potrebbe spostare gli equilibri anche all'interno della maggioranza, regalando ai lega-forzisti la golden share del governo Draghi.

Obiettivo da perseguire a ogni costo». In realtà, ci sono molte incertezze tra coloro che sarebbero chiamati liberamente a scegliere (Berlusconi non intende assolutamente forzare la mano ai suoi, li tratta da persone, non da pezzi di meccano da assemblare), ma diventa invece un «obiettivo da perseguire ad ogni costo» quello di impedirne la nascita, seminando zizzania, esasperando posizioni diverse, per ridurre il centrodestra a una tartare mal combinata come adesso sono il Pd e il M5S. Scrive Massimo Giannini sdegnato che un progetto come quello in atto è «politica Tik-Tok...Non si vede un nuovo "orizzonte di valori"». Vede questo vuoto di ideali in una destra «senza un'idea, una visione, un disegno». Il suo radunarsi sarebbe dunque un giochetto tattico, in fondo miserabile. Accidenti.

Quando lo fece Prodi con l'Ulivo, mettendo insieme De Gasperi e Togliatti, magari anche Breznev e Wojtyla, tutti incantati nel riconoscere il giardino dei valori da nuovo millennio. Si prova a farlo sulla destra, ed ecco che lo slogan è «Vade retro Satana». Ah, fa intendere Giannini, se io fossi di destra, eccome se la farei bella e vincente. Pensa a casa tua, figliolo. Se togli la benda del pregiudizio dagli occhi vedresti che c'è un nerbo di ispirazione comune in questo centrodestra italiano, comunque si comporrà il mosaico delle varie forze: 1) Sulla giustizia, un saldo garantismo, insieme all'esigenza di certezza della pena. 2) Sulla politica fiscale e familiare. 3) Sull'Europa persino: il sovranismo ha perso qualsivoglia connotato di negazione dell'Ue, salvaguardando unità continentale e identità nazionali. E allora perché questo disprezzo? Sul Corriere Aldo Grasso, sempre brillante ma con l'aria di uno che conosce il fondo delle anime, riduce i gesti religiosi di Salvini a patacche risibili. Anche Antonio Polito fa risalire alla Madonna di Fatima (ah ah) la volontà unitaria di Salvini, e nell'editoriale mortifica a cialtronaggine furbesca in chiave di potere personale la concordia operativa tra Silvio e Matteo. Impasta in un minestrone in digeribile destra e grillini.

Scrive di «desertificazione di idee e cultura». Tutto questo po' po' di menti gloriose (ad esse si aggiunge, e lo diciamo con ovvio rispetto, Eugenio Scalfari con il sermone su Rep), che è una vita che si occupano di politica, persino facendola, e certo condizionandola, tirano questa conclusione geniale: tutto è un disastro, salvo naturalmente loro stessi, quelli del circolino, e - bontà loro, fin che servono - Draghi e Mattarella. Una cosa dovrebbe essere chiara. Il centrodestra, proceda - come direbbe Pappagone - vincolo o sparpagliato, è oggi la forza trainante di questo governo e di questo parlamento. E conviene che anche lassù, ai piani alti, se ne facciano una ragione.

 

 

 

 

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