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Piercamillo Davigo, un altro ko: respinto il suo ricorso per tornare al Csm

Piercamillo Davigo

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E così dopo l'insuccesso dinanzi al TAR Lazio, dopo l'appello rigettato al Consiglio di Stato, anche il Tribunale Civile di Roma ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da Davigo contro la delibera del CSM che ne ha stabilito la decadenza da suo componente per il raggiungimento dell'età della pensione. È l'ennesima scoppola giudiziaria che ha preso Davigo nel giro di pochi mesi, per aver pervicacemente insistito a non accettare l'accompagnamento all'uscita del CSM. 

Il Tribunale di Roma, nel rigettare il ricorso di Davigo, ha affermato un principio pacifico che era chiaro sin dall'inizio della querelle giudiziaria: «Per il componente togato del CSM l'appartenenza all'ordine giudiziario costituisce un presupposto intrinseco ed indefettibile della costituzione e del funzionamento dell'organismo consiliare, che ne caratterizza la funzione di garanzia». E sempre nel medesimo provvedimento, in modo inequivocabile viene del tutto sconfessata la linea interpretativa seguita da Davi go e dal suo legale perché «logica vuole che tali caratteristiche debbano sussistere per tutto il tempo in cui l'eletto ricopre la carica» e si legge ancora che «una volta cessata l'appartenenza all'ordine giudiziario, gli equilibri tra togati e laici voluti dai costituenti verrebbero alterati». 

A questo punto, Davigo se continuasse nella sua battaglia giudiziaria proponendo appello alla decisione del Tribunale, non sarebbe diverso da quei giapponesi nascosti nella giungla dopo la seconda guerra mondiale che non si arresero all'evidenza perché avevano perso tutti i contatti con il mondo. Ma, se egli è isolato nella propria bolla autoreferenziale, almeno il suo legale dovrebbe consigliarlo per evitare di fargli fare la fine del kamikaze. Questo perché occorre rassegnarsi al tempo, giacché ogni frutto ha la sua stagione e chi non lo percepisce finisce per essere irriso. 

In questa vicenda proprio la giustizia, con i suoi principi, le sue rigorose procedure e talvolta i suoi mille cavilli, ha sancito la fine della carriera di uno dei suoi più discussi protagonisti degli ultimi decenni. E ciò ci richiama alla mente la figura di Nemesi della mitologia greca, la dea della giustizia e della vendetta, quest' ultima intesa come giustizia compensatrice che segue una legge universale di armonia per cui il bene deve essere compensato dal male e viceversa. 

di Pieremilio Sammarco
Professore di Diritto Comparato dell'Università di Bergamo

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