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Giovanni Sallusti, Michele Serra ne dice per sbaglio una giusta: "Vero, l'elettore liberale non vuole rotture di b***e"

Giovanni Sallusti
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La definizione è strepitosa: "Il luogo di chi non vuole rotture di balle". A livello filosofico, politologico, comunicativo, non esiste immagine migliore di cosa dovrebbe essere un soggetto di centrodestra contemporaneo. C'è quindi da ringraziare l'ideatore, la penna radicalchiccosissima di Repubblica Michele Serra, che ieri nella sua Amaca ha coniato la felicissima perifrasi. Oh, lui l'ha fatto in chiave dispregiativa, ovviamente. Barricato nelle mura già debenedettiniane e ora elkanniane, sbalordito che il popolo affamato non trovi ristoro nelle brioches metaforiche dello ius soli e del Ddl Zan, si è sfogato contro il progetto "federativo" del centrodestra. Da cui il colpo di genio involontario. «Perché la destra italiana, mi scuso per la rudezza, elettoralmente parlando è soprattutto il luogo di chi non vuole rotture di balle». Certo, accidenti, e non solo «elettoralmente». Quella maggioranza silenziosa che coltiva i vizi volgari di alzare la serranda al mattino e provare a migliorare le condizioni di vita proprie e dei propri figli ha dietro una grande tradizione culturale.

IL LEVIATANO - "Non volere rotture di balle" è un'idea politica, e anche un'idea politica nobile. È la quintessenza del liberalismo in ogni tempo e in ogni luogo, dalla teoria dei limiti del potere legittimo nelle riflessioni di John Locke alla battuta sempiterna di Ronald Reagan: «Il governo non è la soluzione, il governo è il problema». È la precedenza ontologica e morale dell'individuo rispetto allo Stato, e quindi ha ragione caro Serra, è un discrimine di valore rispetto a chi va in estasi per le "rotture di balle" che il Leviatano può infliggere ai suoi sudditi (molto gettonata ultimamente la versione del Partito Comunista Cinese), che possono arrivare anche alla deportazione e oltre. Non volevano rotture di balle gli imprenditori descritti da Luigi Einaudi, ovvero «i milioni di individui che lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli». Non volevano rotture di balle i contribuenti spiegati da Margaret Thatcher, ovvero i detentori di quel denaro che solo genera poi la finzione nota come "denaro pubblico". Per cui non volere rotture di balle significa pretendere una spesa pubblica non pachidermica, un apparato burocratico non kafkiano, una tassazione non depredatoria.


DA BREVETTARE - Non volevano rotture di balle i coloni americani che urlavano «nessuna tassa senza rappresentanza!», e fondarono la più grande democrazia del mondo. Non volevano rotture di balle i giovani che buttarono giù il muro di Berlino, non vogliono rotture di balle le ragazze che in Iran si tolgono il velo imposto dal totalitarismo islamico, non vogliono rotture di balle i ribelli di Hong Kong, che non si arrendono a diventare terra di saccheggio per la Rottura di Balle più scientifica e pervasiva escogitata nella storia dell'umanità, il Comunismo. Il partito di chi non vuole rotture di balle: cari leader del centrodestra, brevettate il marchio e adottatelo subito, è perfetto.

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