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Marina Berlusconi, ecco perché non farà mai politica: ciò che non sapevate sul "rifiuto netto" della figlia del Cav

 Marina Berlusconi

Renato Farina
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Leggendo il rifiuto netto di qualsiasi prospettiva di prossimo o remoto impegno diretto in politica, viene da dire: peccato. Si respira infatti nelle parole di Marina Berlusconi, alla testa di Mondadori e leader con il fratello Piersilvio di Fininvest, un vasto disegno, una certa idea di Italia e della sua identità, il primato della cultura e dell'impresa sulla finanza, una forte spinta ad un impegno imprenditoriale per un capitalismo privato finalmente patriottico ma insieme aperto alla competizione globale. Insomma: potrebbe essere la premessa di una discesa in campo, che non sarebbe una novità in questa famiglia. Invece no. Lei è lei. Le piace la musica, ma non è il suo mestiere, dice con una metafora che taglia la testa al toro, semmai le metafore usino questi sistemi brutali. Niente politica. Soprattutto però, con l'intervista di ieri sul Giornale, concessa al neo-direttore Augusto Minzolini, la primogenita del Cavaliere ha dato una testimonianza magnifica di che cosa vuol dire essere figlia.

 

 

Il centro affettivo del suo discorso, che è un manifesto della rinascita italiana, è il padre Silvio. Forse per questo è un manifesto credibile della rinascita italiana. Guai infatti a ridurre i dati esistenziali a pagine pittoresche della vita dei popoli. La corruzione intima delle classi dirigenti è il segnale più chiaro di un disfacimento generale. Ed ecco che, in controtendenza rispetto a un periodo storico di liquefazione dei legami fondativi, vedere questa comunanza di ideali nel passaggio delle generazioni in una famiglia che ha dominato le cronache per trent' anni, spesso con attacchi devastanti, fare spirare. E rende credibili analisi e progetti, che non sono esiti di algoritmi gelidi, elaborando big data, ma si fondano su un'esperienza: Marina ha reso plasticamente evidente che portare un cognome così non è un peso ma una fortuna che bisogna meritarsi ogni giorno, e a lei però pare di non essersela guadagnata abbastanza. Domani di più. Non è forse questa la chiave della famosa "resilienza"? Amore a quel che ci hanno consegnato in spirito e materia i padri per ricostruire il nostro mondo dopo la guerra, le crisi, e - siamo a oggi - la pandemia?

 

 

IL PAPÀ RIABILITATO - A proposito di amore che rende più lucidi- e qui la finisco con il capitolo di lessico familiare - Marina respinge con forza il concetto di "riabilitazione" che, a proposito del Cavaliere, Minzolini propone tre volte. Lei ogni volta ripete che suo papà non ha bisogno di alcuna riabilitazione, semmai di un «risarcimento». Dice che peraltro «risarcirlo di tutte le ingiustizie che ha subito, ahimè, è davvero impossibile». Be', il risarcimento per un padre è una figlia così, basta e avanza, e conta infinitamente dell'inchino dei vecchi nemici (che tanto poi non ci sarà). Altri capitoli. 1- Non ci sono soltanto multinazionali che in Italia chiudono stabilimenti e licenziano. Le aziende dei Berlusconi funzionano. Fu D'Alema, poco prima delle elezioni della primavera del 1996, a sostenere che Mediaset era un «patrimonio del Paese da difendere». Be' adesso sono queste aziende a difendere il Paese. Non solo in quanto occupazione e Pil, ma come identità tradita perennemente da quello che Enrico Cuccia definì un «capitalismo straccione», capace di farsi dare denari dallo Stato, ma in fondo senza patria, com' è invece nel Dna delle grandi famiglie di Francia e Germania. Siamo stati invasi dai francesi, soprattutto. La magistratura (una «minoranza», concede Marina) ha cercato di colpire Silvio investendo di inchieste e processi questo "patrimonio" come fosse un'escrescenza della mafia. Ed ecco il ribaltamento storico e morale. Bisogna considerare le imprese editoriali (libri e tivù, dunque anche il diabolico Biscione con i suoi figli) non come sovrastrutture rispetto al cuore produttivo dell'Italia, ma come asse del futuro.

 

 

LEZIONE DI LIBERTÀ - Dice la ceo di Mondadori: «La forza di un Paese, cosi come la sua identità nel mondo, (penso) siano strettamente collegate alla sua capacità di fare cultura. Per questo, se davvero l'Italia vuole garantire la propria identità e la propria cultura, deve guardare anche alle dimensioni delle sue aziende editoriali». In Italia la Mondadori acquisisce De Agostini. Mediaset si allarga all'estero. Bisogna resistere competitivamente a Netflix eccetera, se vogliamo essere ancora "Italia" nella competizione globale. Poi dicono che Berlusconi ha ucciso la cultura, e il mondo di centrodestra se ne frega dei libri. In questo senso è la realtà, non un'opinione a porre al centro della scena Silvio Berlusconi. 2. Marina Berlusconi sostiene il governo Draghi. Funziona. «Lo dicono i fatti ei numeri». L'economia cresce. Si mostra in grado di far fronte anche alle peggiori emergenze. Soprattutto viene dopo il periodo folle di governi dove i valori dominanti erano «l'ignoranza e l'incompetenza». Pragmatismo. 3. Il nemico vero è «il pensiero unico», vero e proprio «razzismo», che è il conformismo che vuole annientare "il latino". E il latino di Marina equivale all'eredità della nostra cultura, che sola è rimedio all'intolleranza. Qui sta il nocciolo liberale della concezione che Marina, come il padre, propone al centrodestra. Non un sovranismo superbo, ma l'orgoglio delle radici, la modernità di un'idea politica basata su un bipartitismo non digrignante, dove sinistra e destra, entrambe con un baricentro verso il centro si affrontino serenamente. Così la primogenita, che non vuol far politica, si fa eco dell'idea politica del padre. Posso aggiungere ancora la paroletta usata all'inizio? Senza permesso, la ridico: peccato che non discenda in campo. Però anche questa è una lezione di libertà.

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