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Mps, ecco perché il "potere rosso" toscano non vuole vendere: sinistra smascherata

Pier Carlo Padoan

Giancarlo Mazzuca
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Addio alla cessione Mps? Il Partito democratico sta infatti dicendo no: non c'è alcuna fretta, debito più debito meno, a vendere l'istituto in quattro e quattr' otto per cercare di risanare, anche se parzialmente, i suoi conti ancora a carico dello Stato. La storica banca senese è in cattive acque da moltissimo tempo. Da così tanto, è il pensiero dei «ras» Pd, che può benissimo andare ancora avanti in queste condizioni: un anno in più, un anno in meno...

 

Ecco perché il potere "rosso" toscano (e non solo) è in trincea nel tentativo di respingere al mittente le "avances" di Unicredit. La parola d'ordine, negli uffici della Regione, sembra una sola: il Monte dei Paschi deve restare com' è, costi quel che costi. Ma gli stessi costi, col passare degli anni, sono diventati esorbitanti, e fa bene il ministro leghista Giorgetti, che - in linea con Draghi e a differenza di quanto dice Salvini - insiste sulla necessità di stringere i tempi della vendita. Come spiegare la resistenza delle sinistre? Mpd è da sempre un feudo loro e tale, nei progetti Pd, deve restare. Soprattutto adesso con le elezioni suppletive proprio a Siena, che vedono in lizza il segretario del partito, Enrico Letta, deciso a prendere il posto dell'ex ministro Pier Carlo Padoan oggi presidente proprio di Mps.

 

In vista del voto diventa quindi strategico per Letta & C. rinviare alle calende greche qualsiasi piano di salvataggio della banca che, nel disperato tentativo di raddrizzare i conti, prevede una drastica cura dimagrante del personale (5-6 mila dipendenti in meno tra pensionamenti e prepensionamenti). Il problema è che già da troppo tempo si continua a tirare la corda per cercare di tenere comunque a galla così com' è una banca in grave difficoltà.

Già nel 2016 l'istituto aveva bruciato 12 miliardi in aumenti di capitale anche perché non era andato in porto il piano di salvataggio portato avanti da JP Morgan e Mediobanca. E non era stata neppure presa in considerazione la proposta d'intervento che lanciò Corrado Passera con una delle più accreditate banche d'affari del mondo (Ubs). A diversi osservatori l'istituto toscano ha finito così per ricordare il Titanic che andava contro l'iceberg mentre i passeggeri continuavano a ballare al suono dell'orchestrina a bordo.

 

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