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Vittorio Feltri contro giornalisti e toghe "leccac***". Renato Farina? "Accusato anche per colpe non sue"

Vittorio Feltri
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Negli ultimi giorni uno dei bersagli preferiti da una categoria cui non mi onoro di appartenere, quella dei giornalisti, è Renato Farina, grande bersaglio perché grande editorialista di Libero, un uomo con il quale lavoro con soddisfazione da anni. Ultimamente egli è stato consulente, come in passato, del ministro Renato Brunetta, forte della sua lunga esperienza di comunicatore. L'incarico che ricopriva garantiva uno stipendio miserrimo: 18 mila euro lordi all'anno, cioè pari al reddito di cittadinanza che viene elargito a qualsiasi bischero il quale, invece di sgobbare, si gratti il ventre. Fin qui tutto normale pur nella anormalità italiana che gratifica i lazzaroni e penalizza chi si dà da fare. Ma numerosi pennaioli, appreso della attività supplementare di Farina, forse rosi dall'invidia o da altri sentimenti oscuri, si sono scatenati contro di lui rinfacciandogli di aver collaborato 15 o 16 anni fa con i servizi segreti a riguardo di una vicenda relativa a Abu Omar, un tizio mai finito in galera nonostante certe sue malefatte.

 

 

È noto a chiunque che vari cronisti sono confidenti di magistrati da cui ricevono più ordini che notizie, comunque riservate, ma nessuno li ha mai rimproverati, tanto meno l'Ordine professionale degli scribi. Ma Renato non fa parte della consorteria pertanto, a differenza dei colleghi furbacchioni e leccac***o delle toghe, è stato perseguito e perfino condannato. Ingiustizia esemplare. Tra l'altro è stato buttato fuori dall'albo dove in seguito è rientrato ricominciando a scrivere. Ma il fatto che abbia accettato di collaborare con Brunetta ha attizzato i redattori che si sono affrettati a rivangare le vecchie vicende, rincarando la dose di insulti che in precedenza gli era stata rivolta con meschina virulenza. Non si sono limitati a diffamarlo, addirittura gli hanno attribuito cose che non si è neanche sognato di fare. Per esempio certi slogan pubblicati da Libero all'inizio del secolo. Rammentate la storia di Enzo Baldoni, il pubblicitario che andò in ferie in Iraq mentre divampava la guerra? Fui io e non Farina a vergare questo titolo dedicato al temerario: Vacanze intelligenti. In effetti un signore che va a riposarsi in un Paese dove divampano battaglie non si può definire in un modo diverso: un genio.

 

 

Altro esempio. Due studentesse amiche si recarono pure in Medio Oriente nel medesimo periodo e furono rapite dai musulmani, quindi rilasciate suppongo in seguito al pagamento di un potente riscatto. Anche in quel caso l'autore del titolo "le vispe Terese" fui io. Del quale non mi pento. Perché dovrei? Non vi piacciono, cari ex colleghi, le mie espressioni? Prendetevela con me non con Farina che è innocente. Io di voi me ne frego. Ma il povero Renato non ha fatto nulla di ciò che gli attribuite. È una persona mite oltre che colta, e ha un solo difetto grave: scrive nettamente meglio di voi. Che fastidio vi procura un signore che aiuta per quattro euro Brunetta nel disbrigo di qualche pratica? Non si capisce perché tanto odio verso un uomo gentile che non dà noia a nessuno se non a se stesso. Io conosco il nemico della stampa da 30 anni e posso scommettere più sulla sua onestà piuttosto che sulla mia. Un giorno durante una riunione di redazione, Farina propose un articolo sul mondo cattolico. E io gli risposi: basta con questi argomenti noiosi, dovresti sapere che Dio non esiste, non c'è, capiscila che è una tua ossessione. Lui concluse: Dio c'è, eccome, e tu gli stai sui coglioni. Magari aveva ragione. 

 

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