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Afghanistan, gli "uomini che cadono" dall'aereo Usa peggio dell'11 settembre

Giovanni Sallusti
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La storia sta in due fotografie accostate, in mezzo vent' anni di dotte analisi che potete gettare al macero. 11 settembre 2001-16 agosto 2021: la storia non è cronologia, due decenni li puoi comprimere fino ad azzerarli, fino a questo contrasto plastico e simultaneo che a prima vista sembra la ripetizione dell'identico. "Falling men" allora nel cuore ipermoderno di Manhattan, "falling men" oggi all'aeroporto scalcinato della scalcinata Kabul, appena tornata sede di un Emirato nazi-islamico. Com' era all'epoca dell'altra istantanea, il giorno dell'attentato, come non è stata per quasi quattro lustri che diventano una parentesi evanescente tra queste due scene così dannatamente uguali nella loro essenza (dis)umana.

GESTO DI LIBERTÀ - Qualcuno, con le Twin Towers sventrate, scelse un ultimo, paradossale, quasi blasfemo atto di libertà. Il salto volontario nel vuoto, contro le fiamme, le ossa arrostite e schiacciate dall'acciaio sconvolto, contro l'ineluttabilità dell'agonia. Al diavolo, piuttosto salto. Così è un teorema scaturito da una comoda tastiera, ovvio, per quegli uomini, e in particolare l'uomo immortalato dal fotoreporter Richard Drew, fu molto meno, e molto di più, di un ragionamento, fu uno scatto delle membra e dell'anima, fu afferrare l'ultimo granello di autodeterminazione che rimaneva loro: è finita, ma come lo decido io. Oggi, vien da dire, è persino peggio. Oggi non c'è nessuna scelta, nemmeno estrema, al massimo c'è una scelta estrema frustrata, c'è un'ennesima orribile pernacchia del destino di fronte alla disperazione umana, una minuzia agli occhi ipovedenti del Fato tragico (gli antichi Greci, sempre lì siamo, e forse sempre e solo questa minima consapevolezza possiamo opporre alle bestie islamiste ritornanti). Oggi ci sono uomini che tentano l'impossibile, sfidano la logica e la fisica, si aggrappano alle ruote di un aereo militare americano per volare via, più temerari e folli di Icaro, perché l'eventualità di finire di nuovo sotto la sharia dei Talebani addestrati a oppio e Corano non la contemplano neppure, non è vita e probabilmente nemmeno sopravvivenza. E cadono, ovviamente e irreparabilmente, piombano nel vuoto senza neanche la falsa eleganza percepita del "Falling Man" originario, rovinano al suolo insieme alle loro speranze obsolete. Eppure ci sono state, quelle speranze. Un'evidenza inaggirabile, che riapre il fossato tra le due immagini, tra l'allora e l'adesso. La storia non è nemmeno attimo, la storia succede, e in mezzo è successo tutto, fino a tornare al punto di partenza. Anzitutto, è successa la principale conseguenza della prima foto: la guerra al terrorismo dichiarata da George W. Bush e dall'amministrazione Usa (repubblicana, grazie a Dio, figuratevi l'approccio Biden-Obama a condurre il post-11 settembre), una guerra giusta come scandì in beata solitudine Oriana Fallaci, una guerra contro chi aveva travolto la vita del Falling Man originario e di altri 2976 civili americani. Contro la piovra di Al Qaeda, e contro chi la nascondeva, proteggeva e nutriva: il (primo, tocca purtroppo aggiungere oggi) regime talebano. Una guerra vinta, rispetto agli obiettivi iniziali: lo smantellamento della prima base operativa terroristica nel mondo, lo strangolamento nelle caverne di Tora Bora dell'immonda teocrazia dei mullah e infine anche l'uccisione diretta dell'uomo senza cui non ci sarebbe stato il primo scatto di questa pagina: Osama Bin Laden.

L'EQUIVOCO - Una guerra, poi, incredibilmente persa attorno a un equivoco generoso e idealistico, due aggettivi che in geopolitica suonano molto peggio che altrove: costruire in Afghanistan uno Stato di diritto, un pluralismo laico e liberale, perfino un esercito con canoni moderni. Un pericoloso ossimoro, nel Paese degli altopiani sperduti e dei tribalismi atavici, già noto come "tomba degli Imperi". Un tentativo infine irrevocabilmente fallito. Tuttavia, un fallimento non è nulla, è qualcosa. Torniamo lì, all'ovvietà temporale: in mezzo qualcosa è accaduto. In mezzo, ci sono state donne in giro da sole a volto scoperto, ragazze che andavano ogni giorno a scuola, giovani che conoscevano il diritto di discutere, dissentire, perfino ascoltare la musica bandita dai (primi) talebani in quanto aberrazione infedele. Se vi paiono dettagli, è perché non siete quelle donne, quelle ragazze, quei giovani. Agli afghani disperati che hanno preferito la scommessa pazza di appendersi alle ruote di un aereo occidentale non parevano dettagli, evidentemente. Tra queste due fotografie rimbalza una sola certezza, che di nuovo annulla i vent' anni accumulati: dove sta la libertà, e dove sta la barbarie. A dircelo, ancora una volta, dei falling men che precipitando scrivono la storia.

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