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Alessandro Sallusti, e la paura del Pd che si presenta senza simbolo: "Si nascondono, temono i forconi"

Alessandro Sallusti
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Enrico Letta, segretario del Pd, si candida alle elezioni suppletive di Siena senza il simbolo del Pd. Si vergogna, il segretario, del suo partito che proprio in quella città aveva il suo Bancomat nazionale (il Monte dei Paschi) che a furia di prelievi è rimasto a secco. Quello di camuffarsi, direi mimetizzarsi, è un vecchio trucco del Pd che le sue prime elezioni nazionali le vinse con un democristiano (Prodi) e un simbolo di fantasia (L'Ulivo). In effetti oggi a votare secco Pd, anche per uno di sinistra, ci vuole una buona dose di coraggio anche nella rossa Toscana.

Negli ultimi due anni il partito è andato a braccetto con Di Maio, Conte, Renzi, Draghi, Berlusconi e Salvini. In tredici anni ha cambiato dieci segretari, uno all'anno e poco più, oscillando dalla sua estrema sinistra (Epifani) alla sua destra (Renzi). È passato dal patto con Berlusconi, il Patto del Nazareno, a quello più recente con Beppe Grillo cavando il nullain entrambe le circostanze. Dal '93 in poi il partito della sinistra vive di luce riflessa della destra, mai uno straccio di idea ma solo contro. A lungo contro Berlusconi, poi contro Salvini a cui ora si aggiunge la Meloni.

 

 

 

 

È l'unica organizzazione italiana a dover ringraziare il Duce di essere esistito, la sua unica ragione di vita è infatti dare la caccia ai fantasmi di fascisti che vede ovunque e non riesce ad andare oltre. Dalla classe operaia, ammesso che ancora esista, è stato mollato da tempo, oggi cerca consenso tra gli immigrati, i gay e i trans, tutta gente rispettabile ma numericamente non sufficiente a sostenere una forza di governo.

 

 

 

 

Le famose élite collaterali (giornalisti, magistrati, intellettuali) fanno quello che possono ma sono un po' come i giapponesi asserragliati nella giungla a guerra finita che ancora pensavano di potercela fare. Povero Letta, per provare a portare a casa un seggio e uno stipendio deve nascondere la bandiera, altrimenti gli elettori di Siena lo rincorrono con i forconi. «È perché vogliamo essere inclusivi», si giustifica. Ma a furia di includere chiunque passi da quelle parti finirà a escludere gli elettori. 

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