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Alessandro Sallusti, la profezia su Carlo Calenda: "Che fine farà il furbetto? Mi ricorda Mariotto Segni..."

Alessandro Sallusti
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"Quanto è bravo Calenda", "Ma come parla bene Calenda", "Che cose interessanti dice Calenda". Quanti di noi negli ultimi mesi hanno sentito dire, o addirittura detto, frasi di questo genere. Con l'aggiunta dell'immancabile chiusa: "Pensa che bello se fosse nel centrodestra". Ecco, oggi sappiamo che Calenda non era nel centrodestra perché è di sinistra, più di sinistra di quanto lasci intendere come dimostra il fatto che a poche ore dalla chiusura dei seggi di Roma ha regalato il suo 20 per cento raccolto al primo turno, in vista del ballottaggio, al candidato Pd Gualtieri invece che a Michetti.

 

Per tutta la campagna elettorale Calenda era stato, con la sua lista che alla fine è risultata la più votata, equidistante tra sinistra e destra al punto da raccogliere l'applauso di Giancarlo Giorgetti, vicerè della Lega. Un secondo dopo aver fatto il pieno di voti anche nell'orto del centrodestra, ha scoperto che la destra è di destra, quindi impresentabile, e che il suo cuore batte a sinistra.

 

E bravo Calenda, ha fregato tutti sia pure con stile impeccabile. Ha preso voti di destra per portarli in omaggio (vedremo nel tempo quanto in omaggio) al nemico. Mi ricorda Mariotto Segni, un Calenda ante litteram, che per una stagione ha spopolato nei primi anni Novanta al punto da essere definito "l'uomo che ha in mano l'Italia". Democristiano, prese le distanze dal suo partito - e fece una scissione - perché contrario al compromesso storico con il Pci (Calenda si è scisso col Pd sull'accordo con i grillini) e ottenne un grande successo al referendum da lui lanciato per riformare la legge elettorale.

Silvio Berlusconi, intenzionato a entrare in politica, si innamorò di lui e lo corteggiò come possibile leader. Ma una bella mattina Mariotto tentennò e alla fine annunciò che mai e poi mai si sarebbe messo alla guida del nascente Centrodestra perché inquinato da An (con la quale, anni dopo, finì alleato nella fallimentare esperienza dell'Elefantino, una delle tante ideone di Gianfranco Fini). Poi l'oblio. È la fine che fanno i furbetti "né né". O per dirla alla Marchese del Grillo: "Io sono io e voi...". Peccato, Calenda in effetti predicava bene, ma al dunque ha razzolato male. Ora lo sappiamo.

 

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