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Pietro Senaldi sulla Cgil: "Tradita dai democratici. La sinistra se ne frega dei lavoratori"

Pietro Senaldi
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Sulle pensioni la Cgil si gira e non trova nessuno. Solo due settimane fa, quando la sinistra doveva vincere i ballottaggi, i dirigenti del Pd e di M5S erano tutti sotto il palco di Landini, adoranti, a sentirlo cianciare contro la proprietà privata e ad applaudire discorsi sul lavoro fermi agli anni Settanta. Oggi, il premier Draghi fa sapere che non ci sono soldi perle pensioni e tocca riesumare la riforma Fornero. D'un tratto i lavoratori che si erano fatti i conti e pensavano di ritirarsi a 62 anni si vedono spostare a 67 l'età del riposo. Letta muto, Conte muto, perfino Bersani e Speranza muti.

 

 

Solo la Lega tenta una resistenza, dicendosi disponibile a sostituire quota 100 (somma di età anagrafica e contributi versati per avere diritto alla pensione) con quota 101 o 102. Se fosse onesto intellettualmente, il compagno Landini farebbe tesoro della lezione: ai progressisti non importa nulla di lui e ancor meno dei lavoratori che rappresenta. La ministra Lamorgese, probabilmente per imperizia più che per malizia, ha dormito sul corteo di camicie nere no vax che le avevano chiesto il permesso di marciare sulla sede romana della Cgil, che poi hanno devastato. La sinistra, anziché crocifiggere la signora, la cui mancanza di cautela tutto sommato si è rivelata un favore alla causa, ha processato Meloni e Salvini armando il sindacato rosso contro i progressisti. Pronti via, tutti in piazza, candidati sinistri compresi, a violare il silenzio elettorale.

 

 

Belle parole, ottimi propositi. Poi, passato il voto, gabbato il sindacalista. Landini è stato sfruttato e illuso da Letta, proprio come Fedez e i gay che speravano nella legge Zan e ora si trovano al punto di partenza, avendo perso anche la possibilità di una mediazione che il centrodestra offriva sul contenuto del provvedimento. Per il segretario del Pd, la realpolitik, declinata in particolare nella difesa degli interessi e delle posizioni di potere sue e dei dem, è la sola bussola. Quando la Cgil serve per andare contro la Lega, è benedetta, ma se crea problemi nei rapporti con Draghi, va subito sacrificata. Vale per le pensioni, la riforma fiscale, il reddito catastale, il Green pass.

 

 

Parafrasando uno slogan delle piazza anni Settanta verrebbe da chiedersi come mai, come mai, sempre in quel posto agli operai? Perché il Pd li ha mollati, i grillini non sanno neppure cosa sono i lavoratori e Landini o non ha capito nulla o è l'amico del giaguaro e il nemico di chi gli si affida. Il tradimento dem è talmente smaccato che ieri il segretario Letta si è sentito in obbligo di simulare una resipiscenza e ha dichiarato che «non va interrotto il dialogo con i sindacati». Per allestire un'altra recita dal finale scontato: Draghi strapazzerà non Landini direttamente ma le sue richieste, poi si volterà verso il capo dei dem in cerca di approvazione e il tapino chinerà la testa e risponderà «obbedisco». Senza riuscire a trattenere quel sorriso di compiaciuta necessarietà che gli scappa ogni volta che fa lo sgambetto a qualcuno.

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