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Mario Draghi, Alessandro Sallusti: perché dopo il capolavoro del G20 deve guardarsi le spalle

 Mario Draghi

Alessandro Sallusti
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Mi spiace per i suoi (pochi) detrattori, per i (pochi) nostalgici di Conte, per chi anche tra gli elettori di Centrodestra non vede di buon occhio questa situazione di apparente democrazia sospesa e dell'uomo solo al comando. Mi spiace, ma se uno vuole essere onesto non può che ammettere che, con la tre giorni di vertice mondiale conclusa ieri a Roma, Draghi ha compiuto un capolavoro per sè innanzi tutto e per l'Italia di conseguenza. Un successo personale addirittura eccessivo e come tale fastidioso, con tutti i leader del mondo, ma proprio tutti, a dirci ma quanto è bravo Draghi, ma quanto è bello avere Draghi, ma quanto siete e siamo fortunati ad avere Draghi. Solo per il piacere di non unirsi al coro verrebbe da dire che Mario Draghi ci ha rotto le palle e speriamo tolga il disturbo al più presto. Sarebbe liberatorio ma anche stupido, non c'è storia che tenga: con il successo di Draghi, entrato ufficialmente nell'olimpo dei grandi del mondo, bisogna fare i conti.

 

 

Ma prima di tutti li deve fare lui perché chi si sottopone a una eccessiva esposizione al sole rischia di bruciarsi. Uno con una reputazione così non può concedersi parentesi da comune mortale ma i comuni mortali lo aspettano all'unico varco in cui fino ad ora non è passato, quello di essere contato invece che nominato. A questo punto Draghi per diventare Presidente della Repubblica chiederebbe un voto plebiscitario che non è scontato, per continuare a fare il presidente del Consiglio una maggioranza forte e coesa che lui di suo non ha. Insomma, Mario Draghi rischia di essere prigioniero, se non addirittura vittima, del suo enorme successo e consenso internazionale, che funziona tra pari e sotto i riflettori dei vertici soprattutto se il set è quella cosa meravigliosa che è Roma artificialmente depurata da spazzattura, traffico e cinghiali.

 

 

Ma che non è detto funzioni altrettanto con la politica canaglia. Draghi non ha armate, non quelle che servono per sopravvivere nella giungla politica, Draghi suscita sì rispetto ma anche invidia, e non tutti, nel suo mondo, sono attrezzati per sopportare un successo del genere. Auguri presidente, da oggi più che mai si guardi alle spalle

 

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