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G20, i grandi sono senza idee. La fucilata di Vittorio Feltri: difendono l'ambiente solo a parole

Vittorio Feltri
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Biden, presidente degli Usa Come giustamente ha scritto ieri su Libero Alessandro Sallusti, nostro direttore responsabile, Mario Draghi, avendo gestito il G20 come una gita scolastica, ha dimostrato di essere una indiscutibile autorità europea. Ha curato ogni particolare dell'incontro come un autentico anfitrione e si è definitivamente consacrato il migliore dei migliori italiani al comando. 

 

Su questo punto non ci sono dubbi. Ciò che invece è apparso ridicolo e stupefacente è stato l'infantilismo dei cosiddetti potenti della terra i quali si sono comportati nella nostra Capitale come studenti liceali in gita premio. Nessuno di essi ha detto una cosa illuminante: hanno ribadito concetti elementari e discutibili soprattutto sul clima, solo frasi fatte, luoghi comuni che in bocca a Greta inteneriscono al massimo la plebe, ma che ribaditi in un vertice internazionale suonano quali stupidaggini. Quando poi il principe Carlo d'Inghilterra si intrattiene con Luigi Di Maio per discettare del surriscaldamento del pianeta ovvio che si tocca il fondo. Cosa volete che sappia il nostro ministrino degli Esteri del pianeta in procinto di friggere, il quale peraltro diventa rovente e talvolta si ghiaccia per motivi misteriosi. Il ragazzo campano e il vecchio aspirante monarca britannico cosa volete che si siano detti, se non banalità. Ovvio che d'estate si sudi e che d'inverno si battano i denti a causa del freddo. La dimostrazione è che in questi giorni autunnali si vada tutti in giro col cappotto, mentre l'estate scorsa le temperature sono state a tratti infernali.

I potenti del mondo si sono comportati come nani di periferia, suscitando in noi la netta sensazione che essi siano fessacchiotti, non certo migliori di noi, visto che si sono divertiti quali turisti a gettare monetine nella fontana di Trevi, visitando inoltre il Colosseo e altre bellezze romane. Se volessimo riassumere il succo delle discussioni affrontate durante gli incontri di alto (o basso) livello del summit saremmo in difficoltà. Dovremmo limitarci a dire che il gruppo dei potenti si è impegnato nel giro di mezzo secolo a garantire che il termometro non salirà più di un grado e mezzo. Con quali strumenti? Su questo si è sorvolato perché nessuno sa quali potrebbero essere, dato che la Cina viaggia a carbone cui non intende rinunciare per sopravvivere economicamente. D'altronde anche noi occidentali siamo andati avanti a produrre energia con i fossili e ora non possiamo arrabbiarci perché Pechino, arrivata in ritardo sui mercati, li sfrutti per produrre. 

 

La stessa Russia ha confermato che fino al 2060 non avrà l'opportunità di abbassare l'inquinamento, che poi non si sa quanto esso incida sui mutamenti climatici. Anche gli scienziati più avveduti ignorano le circostanze che favoriscono il maggior calore sull'ambiente, figuriamoci se dobbiamo affidarci a Di Maio. Volendo essere cattivi, non ci sembra che neppure Draghi sul tema, nonostante la sua indubbia intelligenza, sia in grado di accendere la luce. Con tutta la nostra buona volontà non siamo capaci di trovare un solo punto interessante sortito dalla cena al Quirinale tra i buontemponi capi di Stato in vacanza sui Sette Colli. Sarà per un'altra volta, ma speriamo non ci sia. 

 

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