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Roberto Formigoni, la "frustata": più silenzio e meno chiasso anche nei Parla-menti

Roberto Formigoni
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Oggi vi offro una "Frustata" diversa dal solito, sono riflessioni su un libro che mi ha profondamente colpito e fatto riflettere, opera del Cardinale africano Robert Sarah, il più giovane vescovo del mondo nel 1969, oggi con numerosi incarichi in Vaticano. "La forza del silenzio. Contro la dittatura del rumore"(edizioni Cantagalli) con prefazione di Benedetto 16º. In un'epoca sempre più rumorosa, in cui tecnica frastuoni e social irrompono nella nostra vita, ha senso riflettere sul silenzio? Io credo che proprio il clamore dominante renda la ricerca di qualche goccia di silenzio ancora più necessaria. Ovviamente il libro è profondamente intriso di spirito e sapienza cristiana, ma sono convinto che anche al laico pensante potrà piacere ed essere utile. 

 

Per Sarah, a forza di respingere il divino, l'uomo moderno si trova in una dimensione angosciante e opprimente. Per Sarah la vita è una relazione silenziosa tra la parte più intima dell'uomo e Dio, il silenzio è indispensabile per l'ascolto del linguaggio divino. Del resto già Romano Guardini ammoniva: «Le cose grandi avvengono nel silenzio. Non nella rumorosità e nella pomposità degli eventi esterni. Quando il cuore è toccato dall'amore, allora la libertà dello spirito è chiamata ad agire e il suo grembo è fecondato a generare l'opera». Siamo abituati a considerare il silenzio come la semplice assenza di rumore e di parole, ma la realtà è più complessa. Il silenzio di una coppia che sta cenando può esprimere l'unità profonda che non ha più bisogno di parole per esprimere l'amore, o al contrario il non essere più capaci di parlarsi, non aver più nulla da comunicare, più nulla in comune: un silenzio non di comunione ma di rottura. Di parole la vita dell'uomo ha ovviamente bisogno, tutti i giorni e in varie e molteplici attività. 

 

È attraverso la parola che gli uomini comunicano, che i maestri insegnano, che i Parla-menti discutono e poi prendono decisioni valide erga omnes. È attraverso la parola che una madre avvolge il suo bambino dell'infinito amore che gli vuole, ma non solo: quante volte gli parla di più con un abbraccio, una carezza, uno sguardo, uno di quei pensieri rivolti al futuro con immensa tenerezza e speranza. Ovviamente l'autore non vuole negare questo! Ma cita San Giacomo, che paragona la lingua al timone di una nave. È un piccolo pezzo di legno che permette però di dirigere tutta l'imbarcazione. L'uomo che tiene a freno la lingua controlla la sua vita, come il marinaio controlla la nave. Spinto dall'ansia di dire tutto, il chiacchierone è lontano da Dio e da qualsiasi creatività. Tutta la sua vita scorre in fiotti di parole che trascinano con sè, nel nulla, i frutti sempre più poveri del suo pensiero e del suo agire.

 

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