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Vittorio Feltri, perché la fusione Lega-Meloni è dannosa: cosa ci insegna il precedente di Marine Le Pen

Vittorio Feltri
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Marine Le Pen, leader del Rassemblement francese, interrogata dal Corriere della Sera, afferma con disinvoltura che vincerà le prossime elezioni e farà un referendum sull'immigrazione. Le auguriamo di realizzare i suoi ambiziosi progetti. Marine nell'intervista si occupa anche della politica italiana: dice che Salvini e la Meloni dovrebbero associarsi non solo per favorire la restituzione dell'Europa alle nazioni, ma anche per combattere nel nostro Paese allo scopo di organizzare una destra in grado di imporsi come prima forza, capace di governare secondo i principi cari ai conservatori. Teoricamente la via indicata dalla signora Le Pen è convincente, ma in pratica ci sembra difficilmente percorribile. Infatti Matteo e Giorgia, da quando il partito di quest' ultima è cresciuto a dismisura, più che alleati sono diventati concorrenti.

 

 

 

 

La Lega stando ai sondaggi, approssimativi ma veritieri, ha perso un numero di consensi impressionante, forse perché Draghi a Palazzo Chigi ha addormentato i partiti, riducendoli a proprie ruote di scorta. Solo Fratelli d'Italia resistono all'opposizione, sia pure morbida, e questo consente alla Meloni di pedalare senza compagni di fuga, guadagnando elettoralmente chilometri su chilometri. L'appiattimento generale sul Premier, che gode di una maggioranza compatta, quindi ubbidiente agli ordini del capo, ha creato una atmosfera tale da aver soffocato quasi per intero il dibattito politico. Draghi comanda e i suoi sostenitori ufficiali sono costretti a dire signorsì. Cosicché la Meloni ha facoltà di galoppare su una prateria piena di voti da cogliere al volo. In effetti il suo bagaglio di preferenze è passato nel giro di un paio di anni da un esiguo 3 per cento a quasi il 20, arrivando all'incirca ai livelli del Carroccio, minacciando di sorpassarlo. È fatale che le due formazioni ormai rivali non riescano ad andare d'accordo, impossibile che trovino una concordanza di intenti: prevale in ciascuna di esse il desiderio di conquistare a destra il primato.

 

 

 

 

 

 

C'è poco da aggiungere per chiudere il discorso. Però vale la pena di rammentare che in passato i partiti che hanno tentato di fondersi e di marciare uniti sono andati incontro a un fallimento. Quando il Psi si associò ai socialdemocratici guidati da Saragat, negli anni Settanta, alle urne prese meno suffragi di quanti ne aveva arraffati, in precedenza, allorché le due formazioni erano disunite. Merita di citare la Margherita di Rutelli, la quale quando confluì nel Pd di Veltroni si disintegrò. Poiché la storia spesso tende a ripetersi, consiglio alla Meloni di non cedere alla tentazione di unificarsi, secondo le indicazioni di Marine, ad altri gruppi di qualsiasi genere. Meglio soli che male accompagnati. 

 

 

 

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