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Giorgia Meloni, da Conte a Letta: la sinistra sfila ad Atreju, ora basta darle della fascista. O no?

Pietro Senaldi
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È vero che qualsiasi leader politico di fronte a un palco è assalito da un amore cieco e morboso, che lo spinge a salirci anche se al centro è piazzata una botola che rischia di inghiottirlo. Un'attrazione compulsiva simile a quella che provano i virologi davanti a una telecamera, quando iniziano a parlare anche se è spenta. Però questo non basta a spiegare lo straordinario successo che sta registrando la versione invernale di Atreju, la settimana di eventi e dibattiti che Fdi solitamente organizza a fine settembre. Ieri è andato a farci visita il segretario del Pd, Letta, la cui sortita è seguita a quelle di Conte e Di Maio, Cartabia e Cingolani, De Scalzi e Rampini. Domani toccherà a Renzi e Violante, Cassese e Bonomi, Vaia e Rudy Giuliani. Sono solo alcuni nomi della meglio sinistra e della meglio Italia che si sono messe in fila per rendere omaggio a Giorgia Meloni.

 

 

 

La manifestazione è stata battezzata dalla leader di Fdi "Il Natale dei conservatori". Un nome che ha una doppia valenza. La prima è indicare la centralità della difesa del cristianesimo nel programma delle destre, specie adesso che è sotto minaccia dall'Unione Europea e non solo dall'Islam, come ha fatto notare di recente anche il Papa. La seconda è segnare una linea di passaggio, una rinascita del partito, appuntamento indispensabile per una forza che ha raddoppiato i consensi in un anno. Nello stile della Meloni, era tutto nel titolo, tutto chiaro a tutti, e chi è venuto ad Atreju, anche i rivali politici, sapeva di dare il proprio contributo di legittimazione a questa operazione politica. E quindi? E quindi da adesso basta con la storiella del fascismo che la sinistra tira fuori ogni volta che si avvicina il voto o Fdi avanza troppo nei sondaggi e occorre ricacciarla nel ghetto. Se Letta e Di Maio, Conte e Renzi hanno fatto a gara per fare passerella davanti alla Meloni, trovandosi perfettamente a proprio agio ad Atreju, significa che sono consapevoli che le accuse di collateralismo ai neofascisti e le richieste di abiura che periodicamente la sinistra fa a Giorgia sono strumentali, abbagli per allocchi, feticci ai quali aggrapparsi quando non si hanno altri argomenti.

 

 

 

Da questa settimana, nella quale le forze politiche della sinistra, e anche gli intellettuali e i giornalisti di regime, si sono esercitati per sdoganare la Meloni non si torna indietro. Le accuse di fascismo sono finite definitivamente in soffitta, a meno che Letta e compagni non vogliano ammettere di essere saliti su un palco fascista. È possibile che buona parte degli ospiti sinistri di Giorgia le abbia baciato la pantofola soprattutto in chiave anti-Salvini, per screditare e irritare la Lega, più che per esaltare e compiacere Fdi, ma questo non cambia niente. I gesti in politica hanno un peso e non si possono cancellare, a meno di non voler passare per ciarlatani. Quanto all'ospitante, Fratelli d'Italia, la manifestazione di Atreju si conferma il luogo della politica più aperto alle idee, anche quelle degli avversari, a rimarcare che da quelle parti il fascismo non è di casa. I politici e gli intellettuali di sinistra sono stati accolti e ascoltati con un'attenzione e un rispetto che a parti invertite non si è ancora visto, giacché la denigrazione e la criminalizzazione dell'avversario sono il pane del dibattito della sinistra. D'altronde, quando l'identità è debole, e quella del cosiddetto campo aperto di Letta ormai è addirittura evanescente, ci si costruisce sull'avversario, giustificando la propria esistenza sulla negazione dell'altro. È stato così con Berlusconi, poi con Salvini e ora con la Meloni, tutti inesorabilmente accusati di incarnare il nuovo fascismo, che in Italia sparirà solo quando la sinistra riuscirà a rapportarsi all'avversario democraticamente, sopprimendo l'istinto atavico che la porta a sognare purghe staliniste per chiunque non appartenga alla sua schiatta. 

 

 

 

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