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Vittorio Feltri sul "capolavoro" Maurizio Landini: "Impresa storica, ha spaccato il mondo operaio italiano"

 Vittorio Feltri

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 È noto che non tutti i mali vengono per nuocere. Prendiamo lo sciopero generale di giovedì indetto dalla Cgil e dalla Uil allo scopo di protestare contro la famosa manovra del governo, giudicata dai tribuni del popolazzo iniqua. Molti commentatori sono stati critici nei confronti della iniziativa, pensando che sarebbe stata una sorta di turbativa di cui in questo momento il Paese avrebbe fatto volentieri a meno. Si dà il caso invece che la mobilitazione sia sostanzialmente sfociata in un fallimento per chi l'aveva promossa senza avere un obiettivo ragionevole, tantomeno raggiungibile. Non solo. I pochi che hanno incrociato le braccia, oltre a non aver torto un capello al premier Mario Draghi, hanno decretato la fine della cosiddetta unità sindacale, visto che la Cisl non ha aderito alla manifestazione di piazza, anzi l'ha criticata.

 

 

Per decenni tale unità è stata ferrea nel senso che la Triplice ha agito all'unisono, adottando sempre una linea comune che rafforzava i lavoratori. Nella presente circostanza il giochino si è sfasciato, dopo questo sciopero a cui i cattolici non hanno partecipato, non si potrà più dire che il popolo dei dipendenti è coeso e portato ad agire di concerto. Il segretario Landini è riuscito, organizzando la chiassata in questione, a mandare a pallino una alleanza tra i signori della manodopera che durava da tempi immemorabili. In altri termini ha compiuto una impresa storica, ossia dividere in due tronconi il mondo operaio italiano. La Cgil ora, se fosse una organizzazione seria, dovrebbe provvedere a sostituire il suo leader con una persona più responsabile e cauta. Infatti la manifestazione avvenuta in ordine sparso ha decretato una sconfitta sindacale e un trionfo di Draghi, la cui opera a Palazzo Chigi, comunque la si pensi, appare più che mai inattaccabile.

 

 

D'altra parte occorre ricordare che gli scioperi generali non si sono mai conclusi, dal 1960 in poi, con una vittoria di coloro che li hanno fortemente voluti. L'epoca dei cortei e dei roboanti comizi è finita da un pezzo e non sarà più di moda, anche perché la gente ha capito che le sfilate ricche di bandiere rosse non impressionano nessuno. L'economia e la gestione della cosa pubblica richiedono ben altro impegno rispetto ai vaniloqui di un capopopolo quale il povero Landini, che non sgobba da lustri e campa con lo stipendio che gli iscritti alla Cgil gli garantiscono. Segnalo infine che nonostante le chiacchiere di Maurizio il Rosso e dei suoi adepti, l'Economist, pubblicazione inglese delle più autorevoli, e non il Fatto Quotidiano, ha certificato che l'Italia è da considerarsi il "Paese dell'anno", grazie a performance superiori a quelle ottenute dalle altre nazioni europee. Indubbiamente siamo ancora pieni di problemi, ma qualcuno è stato risolto e se il futuro non è radioso non è neppure fosco. 

 

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