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Natale, corsa per salvarlo? No, è la festa a salvare noi uomini: cosa scordiamo al tempo del Covid

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(ANSA) - WASHINGTON, 2 DIC - La 'first family' al completo ha partecipato alla tradizionale cerimonia, che va avanti dal 1923, dell'accensione del grande albero di Natale, il National Christmas Tree, posto ogni anno nel piazzale davanti alla Casa Bianca. Barack Obama, accompagnato dalla moglie Michelle e dalle figlie Sasha e Malia, con questo gesto seguito in diretta tv, ha dato così il via al periodo natalizio. Per la cronaca, l'enorme abete è illuminato da centinaia di piccole lampadine bianche gialle e blu.

Renato Farina
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Il Corriere della Sera, che rappresenta lo spirito medio della nazione, inteso come sentimento della vita e del destino comunemente accettato e condiviso, ha questo titolo di prima pagina a grandi caratteri: «Corsa per salvare il Natale». Abbiamo capito tutti cosa vuol dire. Bisogna impedire che la maledetta variante Omicron rovini la festa, con tutto ciò che comporta per la salute fisica e psichica, e per l'economia. Giusto! Ma dentro quella frasetta innocente e senza alcuna malizia c'è la constatazione involontaria di chi siamo diventati noi italiani, anzi noi occidentali. Gesù è sparito dall'orizzonte. Ci era stato detto duemila anni fa, e l'eco di questo annuncio risuona ancora, che era il Natale ad essere l'evento della nostra salvezza. 

 

Da accettare o rifiutare, da amare od odiare, ma comunque era quella roba lì, ora è invece a dover essere salvato non è neppure Il Bambino da Erode, ma il Natale di chissà chi e chissà perché. Quando è accaduto questo impalpabile e enorme cambiamento di significato delle parole, per cui l'evento ritenuto per due millenni l'avvenimento più importante della storia, l'Eterno che entra nel tempo, Dio che si incarna per salvarci, ora è ridotto nel senso comune a pretesto per luci, colori, commerci. Ci sono sempre stati. Lo spirituale è molto carnale, da sempre si tira dietro riflessi misurabili in fatturato. Il fatto è che non esiste più nemmeno un litigio dentro di noi tra le due dimensioni. Semplicemente l'ipotesi che sia nato davvero il Salvatore, magari per respingerla, non si pone più. Al massimo si recupera il risvolto antico di bontà - naturalmente oggi green e sostenibile - ma la salvezza è una parola tabù, moneta fuori corso. 

 

Non è un concetto devozionale, salvezza significa che la nostra essenza di uomini, il desiderio, il bisogno di infinito non finirà in un tombino, e noi non moriremo. Per questo anche molti laici, ebrei o atei, specie in Francia si sono messi a difendere Notre-Dame dallo scempio modaiolo che la vorrebbe restaurata estirpando l'evento Cristiano dalla storia. Non è per difendere il museo della cristianità come una vecchia mummia. Ma per tenere aperta una domanda molto laica: e se davvero Dio è nato tra noi quel giorno, e ancora oggi viene? Il grande forse è la nostra possibilità di non buttare via la nostra identità e la speranza di salvarci a Natale.

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