Il commento

Pietro Senaldi, "buon Natale da liberi": scommessa vinta nonostante il record di contagi

Pietro Senaldi

Buon Natale da liberi, alla faccia dei gufi che da mesi seminano dubbi. Sono stati smentiti gli scienziati con la laurea su Telegram, che sostengono che i vaccini sono un'arma di distruzione di massa creata per arricchire le multinazionali del farmaco. E sono andati a farsi friggere anche gli improvvisati filosofi del diritto, che sostengono che il certificato verde sia un attentato alla Costituzione. I dati ci dicono che chi si è sottoposto alle iniezioni si ammala in maniera più leggera e ha una carica virale bassa, quindi è poco contagioso, e i fatti confermano che il Green pass non è una limitazione della libertà ma un documento di scarcerazione che consente al 90% degli italiani di vivere come se non ci fosse la pandemia.

 

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Arriviamo a queste feste con più contagiati dell'anno scorso (solo ieri 45mila nuovi casi) ma con gli ospedali che reggono e le terapie intensive semivuote. Centosessantotto decessi sono un dramma, però a differenza dell'anno scorso quasi ognuno di essi ha una causa e una storia precisa, fatta di rifiuto della profilassi o di una precedente situazione clinica già compromessa. E soprattutto, i morti non arrivano, come invece quelli del 2021, dopo due mesi di chiusure bensì alla fine di un autunno all'insegna del tutto aperto. Ancora poco si sa della variante Omicron, se non che si sta diffondendo a impressionante velocità e che è destinata a soppiantare la Delta a breve. Se così fosse, per molti esperti sarebbe una buona notizia, visto che la nuova forma del virus è più contagiosa ma pare, molto meno letale. E forse questo è anche per merito della vaccinazione, che costringe il virus a mutare e mordere meno per replicarsi. Sembra pensarla così il governo, alla luce delle nuove linee guida per fronteggiare l'epidemia comunicate nella serata di ieri.

Si va avanti senza chiudere, prendendo solo qualche precauzione in più e spingendo a tavoletta sulla terza dose. Questo il senso dell'obbligo di mascherina all'aperto e dell'imposizione dell'uso del modello ffp2 per i luoghi chiusi e affollati. Questa anche la filosofia che sta dietro all'accorciamento da nove a sei mesi della validità del Green Pass, per adeguarla all'effettiva durata della copertura dei vaccini, e della richiesta di tampone a chi ancora non ha ricevuto la terza dose per accedere a eventi dove l'assembramento è inevitabile. Senza dubbio sono misure che non fermeranno il contagio in maniera decisa, come invece avrebbe fatto un parziale lockdown, però la scelta del governo è chiara: si convive con il Covid, perché il Paese non può fermarsi ancora, se buttiamo via la ripresa moriamo di più.

 

 

È anche vero che c'è un particolare rigore nei confronti dei non vaccinati, contro i quali è ormai in corso una crociata da parte delle istituzioni, ma l'esplosione del Covid tra i bambini, la più ampia fascia della popolazione non vaccinata, spesso accompagnata dall'esito negativo del tampone dei genitori, che invece sono immunizzati, dimostra che spingere a tavoletta sull'immunizzazione di massa è la via giusta. Anche perché chi si vaccina tra dicembre e febbraio, poi resta coperto per un anno, grazie al ritorno della bella stagione, quando il virus è meno aggressivo. Alle riaperture della primavera scorsa il governo aveva parlato di rischio calcolato, un'espressione che vale anche per fotografare la strategia attuale di Draghi e Figliuolo. A fine aprile la scommessa era che, con il ritorno del caldo e le prime dosi, il virus avrebbe abbassato la guardia. Oggi si confida che la terza dose ci porti dritti all'estate e che il vaccino consenta alla maggior parte della popolazione di non ammalarsi anche se si entra a contatto con un positivo oppure di fare il Covid in piedi, come si dice dell'influenza, e nei casi più gravi ammalarsi senza intasare gli ospedali né tantomeno gli obitori.

Senz'altro sono stati commessi errori e dette inesattezze. Ed è benedetto lo sfogo del ministro leghista Giorgetti, che chiede ai virologi più serietà e più silenzio, perché troppo spesso le loro parole vengono strumentalizzate o comunque portano confusione anziché certezze. Però la via per limitare i danni oggi e uscire dall'emergenza domani è quella della razionalità, che il governo pare aver imboccato. Draghi ha risposto con la serenità di chi ha la coscienza a posto alle obiezioni di chi evidenziava le contraddizioni tra alcune frasi dei suoi ministri e i provvedimenti poi presi. La misura delle restrizioni e delle aperture si valuta di settimana in settimana, senza pregiudizi e senza timori di essere colti in castagna dai soliti cacadubbi che segnano gli errori con la matita rossa senza essere in grado di proporre soluzioni. Se capita di fare retromarcia o rimangiarsi una promessa, ci sta. In fatto di Covid solo il Giappone può insegnarci qualcosa, ma il prezzo è l'isolazionismo.