L'analisi

Covid, il caos dell'Iss sui numeri: perché non tornano più (e perché ora è difficile fidarsi)

Giuseppe Valditara

La lotta alla pandemia necessita di dati corretti e di una informazione trasparente. I primi servono per prendere misure adeguate, la seconda per dare certezze all'opinione pubblica evitando di fornire pretesti ai no vaxe nel contempo per controllare l'operato del governo. Dando una scorsa ai dati pubblicati dall'Istituto Superiore di Sanità aggiornati al 21 dicembre c'è qualche cosa che non torna, o quanto meno non è comprensibile da un profano. A pagina 21 del report risulta i che un non vaccinato ha un rischio di finire in terapia intensiva pari a 11,8 rispetto ad un vaccinato con terza dose (booster), che è lo stesso grado di rischio rispetto ad un vaccinato con due dosi da più di 150 giorni. 

 

Già questa indicazione lascia perplessi. Ancor più stupefacente è il confronto con un vaccinato con due dosi da meno di 150 giorni: qui il rischio aumenta a 20,6. Parrebbe che la protezione data dal booster sia la metà di quella offerta da una vaccinazione con due dosi prima di 150 giorni ed eguale a quella fornita a chi è vaccinato da più di 150 giorni. Oltretutto i dati sono in contraddizione con le ospedalizzazioni, posto che il rischio di ospedalizzazione per un non vaccinato sarebbe pari a 12,6 rispetto a chi fatto la terza dose, 10,5 rispetto a chi ha assunto la seconda dose da meno di 150 giorni e "appena" 5,8 verso chi è vaccinato da più di 150 giorni. La sorpresa non finisce qui. I vaccinati con terza dose frai 40 e i 59 anni avrebbero un tasso di ospedalizzazione pari a 7,1 su 100.000 contro appena 3,1 dei vaccinati con seconda dose da meno di 150 giorni. È dieci volte maggiore invece quello dei non vaccinati. Perle terapie intensive i dati sono ancora più fuorvianti. 

Il tasso di occupazione è di 1,8 per 100.000 per chi ha fatto il booster ed appartiene alla fascia di età 40-59 anni, di appena 0,2 per chi è vaccinato da meno di 150 giorni. Meglio va a chi appartiene alla fascia di età 60-79 anni: 3,2 per chi ha fatto il richiamo, contro 2,1 per chi non lo ha ancora fatto, ma è pur sempre un dato anomalo. Probabilmente la differenza eclatante si spiega con i minori numeri di chi ha fatto il booster, ma ciò non è chiarito nel rapporto. Il prof. Abrignani ha affermato che l'80% dei letti in terapia intensiva è occupato da non vaccinati. In realtà i non vaccinati in terapia intensiva sono il 64%, contro il 36% complessivo dei vaccinati e il 47% contro il 53% totale dei vaccinati quanto ad ospedalizzazioni. Dunque il dato fornito da Abrignani non corrisponde ai dati Iss. 

 

Tutto questo rischia di ingenerare confusione. Oltretutto in calce alla tabella 4 che riporta il numero dei casi Covid, dei ricoveri e dei decessi si legge in caratteri microscopici: "Il numero di eventi riportati in questa tabella potrebbe non essere allineato con il numero di eventi riportato nel bollettino quotidiano COVID-19 prodotto da Ministero della Salute/Protezione Civile (MdS/PC)". Si ripropone un problema di pubblica conoscenza di tutti gli indicatori, e delle modalità della loro raccolta. Lettera 150 aveva chiesto fin dal febbraio scorso al ministero della Salute la pubblicazione di tutti i dati disaggregati. Richiesta mai soddisfatta. Che riproponiamo con forza. Unico strumento per una efficace verifica sulla correttezza delle politiche di contrasto al virus e sulla reale situazione pandemica.