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Sergio Mattarella tace sugli scandali in magistratura: gli restano pochi giorni per cancellare la colpa

Iuri Maria Prado

Può darsi che ci sia anche una specie di buona fede nell'impassibilità con cui il presidente della Repubblica assiste ai movimenti eversivi della magistratura: l'idea, cioè, che le istituzioni pubbliche non resisterebbero all'onta del riconoscimento formale di un'illegalità che viene dai lombi stessi dello Stato, e che annunciare la necessità di porvi rimedio costituisca una pericolosa dichiarazione di fallimento.

 

Ma se pure fosse così, e cioè se anche fosse un benintenzionato motivo a lasciar correre la malversazione istituzionale degli organi di potere presieduti dallo stesso capo dello Stato, si tratterebbe di una scelta scellerata: come lo stupro dei bambini non denunciato per risparmiare un danno di immagine ai luoghi sacri. Il contegno non più solo sostanzialmente, ma a questo punto anche formalmente golpista della magistratura corporata, e il fatto che essa si sia costituita e pretenda di porsi tanto sfacciatamente come un potere assolto da qualsiasi controllo, da qualsiasi vincolo di legge, da qualsiasi provvedimento che la riguardi, e reagisca con tracotante sprezzatura allo sconcerto provocato dall'arbitrio ormai completamente disinibito con cui essa tradisce e violenta la propria funzione, rischiano di trovar causa assolutoria nel silenzio e nell'inerzia della suprema magistratura: il presidente della Repubblica.

 

Egli ha ancora qualche giorno per dimostrare di non voler chiudere il proprio mandato portandosi appresso al colpa di non aver fatto nulla.