Cerca
Logo
Cerca
+

Matteo Salvini e Giorgia Meloni, Pietro Senaldi: 72 ore di tempo. Altrimenti sul Quirinale rischiano grosso

Pietro Senaldi
  • a
  • a
  • a

Tocca a loro, Salvini e Meloni. Berlusconi si è ritirato dalla corsa al Quirinale lasciando agli altri leader del centrodestra campo libero e appena un paio di consegne. Silvio avrebbe voluto che gli alleati si impegnassero con lui nella ricerca dei voti mancanti necessari alla sua elezione, loro non ci sono riusciti, l'interessato c'è rimasto male, ma ora si volta pagina. Il compito di Matteo e Giorgia adesso è presentare al Cavaliere candidature alternative che egli non ritenga uno smacco; quindi possibilmente non ex azzurri o vecchi alleati che gli hanno voltato le spalle e neppure uomini che abbiano con lui un rapporto di lavoro in qualche modo subordinato. Da maschio alfa, per il leader forzista piuttosto sarebbe più digeribile una signora alla quale cedere cavallerescamente il passo.

 

 

 

La tribolata coppia ha circa 72 ore per trovare la soluzione, altrimenti la pedina rischia di tornare alla casella di partenza. Il che significa che riprenderebbero quota le azioni di Draghi, o addirittura tornerebbe in auge l'opzione della conferma di Mattarella, che per i leader sovranisti è la soluzione peggiore, perché ne sancirebbe l'esclusione dai giochi. L'occasione per Salvini e Meloni è unica e il campo nel quale possono operare è ampio. Draghi è la prima scelta solo per Letta, ossia per mezzo Pd. Il centrodestra può trovare sponda per un proprio candidato nei grillini - Conte è avverso a Super Mario e Di Maio è a favore della stabilità a Palazzo Chigi e nella maggioranza - e, ovviamente, in Renzi, anche se nessuno sa mai su quanti tavoli giochi l'ex rottamatore.

 

 

 

Per di più, il leader di Italia Viva ha una capacità di influenzare il gruppone del Centro superiore a quella dei leader sovranisti; per questo le quotazioni di Casini erano date in forte rialzo. Poi c'è il Pd; dovrebbe trarre lezione dal ritiro di Berlusconi per senso istituzionale e accettare il ruolo comprimario che i numeri gli riservano, ma non è abitudine della casa osservare le regole della democrazia, quando le danno torto. La sfida è difficile, ma per chi è partito dal 3% dei consensi e ambisce a Palazzo Chigi nulla è semplice e comunque molta strada è già stata fatta. La sola cosa assolutamente vietata è dividersi e offrire un brutto spettacolo della coalizione. La sinistra, i suoi menestrelli e i palazzi del potere non aspettano altro. Insomma, è ora di dimostrare di essere capaci.

Dai blog