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Ucraina, perché è il fallimento delle Nazioni Unite: così "crolla" il Palazzo di Vetro

Andrea Morigi
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Palazzo di Vetro non pervenuto. Quello rivolto ieri al presidente russo Vladimir Putin dal segretario generale dell'Onu Antonio Guterres è un appello doveroso quanto inutile: «A nome dell'umanità, ritiri le truppe in Russia, non permettiamo che scoppi la peggiore guerra dall'inizio del secolo». Ci mancava solo che le Nazioni Unite se ne stessero anche zitte. Il problema comunque è proprio che si esprimono, prevalentemente a vanvera. E sì che l'obiettivo del consesso dei Paesi, civili e non, dovrebbe invece essere, in teoria, mantenere la pace e la sicurezza a livello mondiale e sviluppare relazioni amichevoli fra le Nazioni. 

 

In realtà, ultimamente si sono occupati più che altro di argomenti parecchio divisivi, promuovendo campagne sulla salute riproduttiva, per diffondere l'aborto e la contraccezione a tutte le latitudini, e conducendo aspre battaglie sull'ideologia gender, dalle quali hanno ottenuto risultati come l'introduzione di nuovi standard culturali irrispettosi della natura umana, della giustizia sociale e della cultura dei popoli. A volte, hanno anche intuizioni tragiche. Come quando nominano presidenti dei Comitati di difesa dei Diritti umani i lugubri rappresentanti di Paesi torturatori, dove i carnefici non conoscono disoccupazione. Dicono che prima o poi un seggio di vertice, a turno, deve toccare a tutti, al Venezuela che incarcera gli oppositori, così come all'Iran che impicca gli adulteri. Del resto, a New York City e a Ginevra presso la più prestigiosa delle istituzioni internazionali, qualsiasi decisione finisce per essere inghiottita nel nulla. Una volta, se riuscivano a mettersi d'accordo, mandavano i Caschi Blu nei territori contesi. Di solito, arrivavano troppo tardi, spesso si sono resi responsabili di abusi proprio nei confronti di coloro che dovevano proteggere. A parte alcune lodevoli eccezioni, come la missione Unifil, dal 1978 in Libano, che ha compiuto egregiamente il proprio dovere di forza di interposizione, in molti altri contesti non si è neppure potuto ipotizzare l'invio di una contingente di peace-keeping, come nel recente conflitto fra il Nagorno-Karabakh e l'Azerbaigian. 

È naturale che sin dalla sua fondazione, nel 1945, l'organismo più rappresentativo e anche potente dell'Onu, il consiglio di sicurezza, abbia funzionato male. Vi siedono due Paesi come la Russia e la Cina, che la storia annovera come aggressori netti, l'una di Ungheria, Cecoslovacchia, Afghanistan e Ucraina, l'altra di Tibet, Mongolia, Hong Kong e, prevedibilmente, Taiwan. Insomma, Mosca e Pechino sono potenze nucleari e costituiscono la peggiore minaccia alla sicurezza del pianeta Terra, però possono impedire agli altri di condannare le loro malefatte. È l'assetto pensato perché non si potessero più ricreare le condizioni che portarono alla tragedia della Seconda Guerra Mondiale. Un equilibrio instabile, mantenuto grazie agli accordi di Yalta fra le potenze vincitrici del conflitto. Fra le quali ve n'era una, l'Unione Sovietica, che cercava di esportare la rivoluzione socialcomunista in tutto il mondo con le armi in pugno. 

 

Il lupo, anzi l'orso, non ha perso né pelo né vizio. Non funzionerebbe nemmeno la Corte penale internazionale, con sede all'Aia, in Olanda, istituito sotto l'egida dell'Onu con competenze, sui crimini di genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra, su gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra, e, solo dall'estate 2018 proprio a seguito degli emendamenti di Kampala, anche sui crimini di aggressione. Non ne fanno parte né la Russia né l'Ucraina. Putin non potrebbe mai esservi processato. Anche perché dall'altra parte c'è il nulla, europeo e statunitense, come ai tempi della Società delle Nazioni, fallita con la Seconda guerra Mondiale. Ora è l'Onu a non aver più un ruolo riconosciuto nel quadro delle crisi mondiali. Potrebbe tranquillamente sciogliersi. Nessuno ne sentirebbe la mancanza. 

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