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Vittorio Feltri, lo sciopero senza senso di Repubblica: "Peggio dei giornali, solo i giornalisti"

Vittorio Feltri  

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Non c'è mica la guerra soltanto in Ucraina, dove si piangono le vittime del Paese invaso, mentre tutti se ne fregano dei soldati russi morti ammazzati perché spediti d'autorità a combattere contro i fratelli di Kiev e dintorni. Dei ragazzi piegati dalla leva obbligatoria imposta da Putin non si parla neanche. Contano i cadaveri di Zelensky e basta, quelli dell'ex Urss che hanno tirato le cuoia perché costretti a combattere dal despota appartengono a una razza inferiore, non meritevole di pietà. Ci toccava assistere persino a questo fenomeno di razzismo applicato alle salme. Su alcune delle quali è vietato piangere. L'umanità fa schifo e lo sappiamo da sempre. Pace amen.

 

 

Ormai lo spirito guerriero ha contagiato anche l'Italia, quella dei giornali. Pensate che i colleghi de la Repubblica ieri sono scesi in sciopero perché l'editore ha deciso di vendere L'Espresso, storico settimanale, perfino a tratti glorioso, ma ridottosi come altri periodici, per esempio Panorama, a una sorta di fantasma dell'informazione. La crisi della stampa non è una novità. Da anni rosicchia le copie che un tempo arricchivano le aziende editoriali, oggi invece in grande difficoltà e incapaci di far quadrare i bilanci. Questo è un grave problema che si risolverebbe se i lettori tornassero ad acquistare i prodotti cartacei, cosa che non avviene e non avverrà. I social che sputano fesserie incontrollate su qualsiasi argomento, persino bellico, hanno soppiantato le tradizionali pubblicazioni, anche le più qualificate. Fine di un'epoca. Dispiace soprattutto a noi scribi che ci siamo guadagnati il pane per una vita grazie alle virgole. Ma non abbiamo gli strumenti per reagire.

 

Una volta la gente pretendeva di leggere la prosa pomposa delle grandi firme, adesso si accontenta del pattume distribuito da Internet, lo degusta, se ne pasce soddisfatta del fatto che sia gratuita. Ecco perché ci stupisce, e un po' ci indigna che i redattori della Repubblica ieri abbiano scioperato, facendo mancare il quotidiano dalle edicole, onde protestare per la vendita degli avanzi dell'Espresso, insufficienti a garantire la correttezza della contabilità. Lo sciopero col tempo è diventato un riflesso condizionato.

Se piove sul bagnato degli incassi inadeguati per campare, i cosiddetti cronisti (termine eccessivo) si astengono dal lavoro nella convinzione ingenua che i padroni del vapore facciano retromarcia e non cedano più il morituro. Pia illusione. Gli editori avranno tanti difetti ma non sono scemi. Se la ditta non fa più reddito ovvio che la chiudano o, se va bene, la mettano all'asta. L'Espresso per sua fortuna è stato acquistato dal ricco Iervolino che intende rilanciarlo puntando molto sul web. Invece di gioire i signorini di Repubblica hanno incrociato le braccia, sono incazza*** neri. È la prova che peggio dei giornali ci sono i giornalisti, che al posto del cervello non hanno neanche un computer rotto.

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