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Ucraina, l'orrore comunista impossibile da dimenticare: ecco perché a Kiev odiano i russi

 Vladimir Putin

Giuseppe Valditara
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Le immagini che arrivano dall'Ucraina sono impressionanti per un europeo occidentale, non più abituato a concetti come eroismo, patria, dignità, sacrificio, amore per la libertà. Non si può capire ciò che sta avvenendo fra Minsk e Mariupol se non si rilegge la storia del comunismo sovietico. Una storia anche in Italia per troppo tempo sottaciuta. A partire dal 1927 Stalin impose la collettivizzazione forzata delle terre attraverso la istituzione delle fattorie collettive (kolchoz e sovchoz). Questa decisione ebbe un impatto particolarmente devastante in Ucraina perla presenza, più che nel resto dell'Unione Sovietica, di un diffuso ceto di liberi contadini (kulaki). L'Ucraina era del resto già allora considerata il granaio d'Europa. Morale, fra 1932 e 1933 il 70% delle fattorie venne collettivizzato con la forza. L'opposizione degli ucraini ai provvedimenti comunisti fu molto coraggiosa, favorita anche dal forte senso patriottico della popolazione: i contadini, a cui veniva tolta la propria terra, si rifiutarono di consegnare i raccolti, arrivarono persino ad uccidere il bestiame pur di non darlo ai kolkoz. Lo spirito libero dei cosacchi aveva lasciato la sua traccia. Ciò causò una durissima repressione da parte del regime stalinista che comportò lo sterminio per fame di almeno 4 milioni di persone, ma qualche fonte storica parla di 7/10 milioni, un terzo bambini. Le misure adottate da Stalin furono particolarmente feroci generando volutamente una terribile carestia. Era fucilato seduta stante anche chi veniva colto a nascondere una buccia di patata. Come i più brutali signori feudali, le autorità sovietiche ordinarono la confisca di tutto il grano, di tutti i generi alimentari, e persino delle sementi, impedendo così nuovi raccolti, furono requisiti con la forza mucche, maiali, pollame, fu impedito ai contadini di approvvigionarsi altrove arrivando a vietare l'uscita dagli abitati. Le commissioni politiche comuniste si accanirono sui liberi contadini ordinando la distruzione della selvaggina, degli uccelli e dei loro nidi. Si arriva addirittura a disporre un «cordone di soldati alle frontiere» con lo scopo di isolare l'Ucraina dalla Repubblica russa per mantenere il blocco economico. Sparì la popolazione di interi villaggi, nella stessa Kiev si registrarono numerosi casi di cannibalismo, si estinsero ovunque cani e gatti. In Ucraina, dopo quello armeno in Turchia, si consumò il primo genocidio nella storia d'Europa, riconosciuto dal Parlamento europeo, peraltro solo nel 2008, come crimine contro l'umanità. Da qui il termine "holodomor", che significa sterminio per fame, che viene rievocato ogni anno in Ucraina il 23 novembre. La spietatezza di Stalin fece sì che molti ucraini sentissero come liberatore l'esercito nazista nella seconda guerra mondiale, collaborando inizialmente con i tedeschi, salvo poi rendersi conto ben presto che erano caduti sotto un padrone non meno spietato, dando così vita ad una resistenza contro l'invasore che fece oltre due milioni di morti. Abbattuto Stalin il regime sovietico non fece mai autocritica per lo sterminio dei kulaki e tanto meno lo riconobbe come crimine contro l'umanità. Aver ignorato il profondo, storico risentimento del popolo ucraino, la sua tradizionale vocazione all'eroismo e la sua straordinaria capacità di sacrificio, è stato un errore imperdonabile da parte di uno zar che sembra aver letto solo la versione sovietica dei libri di storia.

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