Reductio ad Hitlerum

Dal Covid all'Ucraina, se i nazisti sono ovunque allora hanno vinto: la follia della sinistra

Andrea Cionci

Pensavate che l'ultima guerra l'avessero vinta gli Alleati? Vi sbagliate, l'hanno vinta i nazisti e non ce ne siamo accorti. Infatti, oggi li troviamo ovunque e i loro pesanti stivaloni chiodati risuonano metaforicamente dappertutto al passo cadenzato dalla "Horst Wessel Lied".

Abbiamo i nazisti russi guidati da Adolfo Putin che combattono contro i nazisti ucraini, i quali esibiscono la croce uncinata accanto alla bandiera della Nato; poi ci sono i nazisti novax-pro-dux (come dice Bersani), che si ribellano alla nazipandemia e alle politiche nazivacciniste del Governo; poi c'è la Gaystapo che manda i suoi membri in camicia bruna a sabotare le nazi-Sentinelle in piedi che, a loro volta, si ribellano al nazidecreto liberticida Zan. Come non citare i nazivegani che denunciano polli e maialetti detenuti nei lager dai nazi-carnivori? Imperdibili i "grammar-nazi", quelli che non sopportano errori grammaticali nei dialoghi internet; tuttavia ancora mancano i nazi-asini, fautori di spietate rappresaglie sintattiche, magari bomboletta ndo sui muri "qual'è" o "pultroppo".

Poi c'è il nazifemminismo, cioè quello che mette a tacere le stesse donne, ovviamente opposto al nazimaschilismo, che coagulerebbe uomini fortemente radicati in pregiudizi machisti.

 

 


 

SENZA CULTURA - Abbiamo poi i nazisti alla Nutella come Salvini, la neonazista canforata Meloni, i Gauleiter Cacciari e Freccero, le SA a Cinque stelle, diversi colonnelli della Lega che hanno ricevuto ad honorem i gradi da Obersturmführer, e così via. Avevamo già scritto della nazificazione degli avversari politici appena un filo destrorsi, ma adesso questo randello viene ritorto dagli hitlerizzati contro gli hitlerizzatori. "Sei un nazista!", "No! Tu, lo sei!", "No tu!", "Tu! Tu!"...
Insomma: uno spettacolo grottesco che dimostra un'asfissiante mancanza di cultura storica e la cristallizzazione in stereotipi branditi, ormai in modo cronicamente simmetrico, come vanghe per dare addosso all'avversario. Poi nascono i paradossi per cui un battaglione di nazisti -che però vengono considerati nazisti buoni - combatte al servizio di un ebreo contro un esercito di nazisti cattivi al servizio di un ex-agente segreto sovietico. Tanto per confondervi ancora un po', vi citiamo un monumento alle SS presente nella città lettone di Bauska dedicato ai militari della "Legione lettone" corredato dalla scritta: «Ai difensori di Bauska contro la seconda occupazione sovietica». In quelle aree, i nazisti veri, di allora, furono accolti come liberatori, ma questo non si può dire. Poi se ricordiamo che nelle Waffen SS militò circa un milione di uomini fra tedeschi, ucraini, russi, lettoni, belgi, danesi, italiani, inglesi, francesi, bielorussi, ungheresi, croati, estoni etc. in un esercito multietnico e multirazziale ... buonanotte ai Musikanten.

 

 

 

 

CLICHÉ CONSOLIDATI - Sta quindi verificandosi un curioso fenomeno: il babau cinematografico creato a Hollywood, l'obliterazione penale della ricerca storica, la reductio ad Hitlerum nel dibattito politico hanno sortito l'effetto di consolidare cliché che, come tali, adesso vengono usati da tutti in modo indiscriminato e macchinale, con una sempre maggior banalizzazione e diluizione del concetto di "nazista". Capite bene che se tutti sono nazisti, alla fine non lo è più nessuno. Se ad ogni avversario che non piace si associa il "pacchetto standard" comprendente forni crematori - giovane amante bionda - riti propiziatori esoterici - monomanie pazzoidi - crisi isteriche coi propri ufficiali - mobilitazione di vecchi e bambini - sindrome da accerchiamento - deportazioni di massa - c'è il rischio di una perdita di credibilità che può travalicare il presente ed estendersi anche ad aree ritenute intoccabili del passato. A riprova di questa dinamica, il fatto che gli ebrei reagiscano in modo molto vibrato quando, in questa frenesia vintage, qualcuno osa appropriarsi del loro passato proponendo analogie e parallelismi. Insomma, sui libri di storia dovrebbe comparire la scritta "maneggiare con cautela", perché chi brandisce la zappa delle emozioni, della censura e degli slogan, alla fine rischia di darsela sui piedi.