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Patrick Zaki, tocchi il pallone e sei finito: "Soldi buttati", se ora non è più un eroe...

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Dal dicembre dello scorso anno Patrick Zaki, come tutti si auspicavano (tranne gli estremisti più squalificati) è stato scarcerato dopo un lungo periodo di detenzione preventiva ed è tornato in Italia, a Bologna, dove viveva e frequentava un master all'università. Una libertà, la sua, appesa a un filo, essendo ancora sotto processo, in Egitto, per «diffusione di false notizie dentro e fuori il paese». Zaki, acceso tifoso del Bologna, sabato è finito in una "shit-storm" su Twitter, per aver scritto, con la parzialità e la goliardia del tifoso: «Due cartellini rossi, stanno ancora pagando. Forza Bologna», in riferimento alle espulsioni subite dai rossoblù nella partita pareggiata con la Juventus, salvatasi al novantacinquesimo con una rete di Vlahovic.

 

Un commento sferzante, con quell'allusione al fatto che la Juventus avrebbe rubato la partita, ma che va contestualizzato: non è mica una denuncia a un procuratore della Repubblica. Si tratta solo delle tipiche invettive che i tifosi delle varie squadre si scambiano, e anzi, misurato a quella stregua, è anche piuttosto innocente. Se ne sono sentite bendi peggiori.

VICENDA DELICATA
D'accordo, Zaki dovrebbe sapere che, essendo stato al centro di una vicenda assai delicata e molto eclatante, peraltro ancora tutt' altro che chiusa, la sua figura e le sue parole hanno una risonanza infinitamente più grande di quella del normale tifoso che sbeffeggia gli avversari. Dovrebbe muoversi con maggiore circospezione.

Ma, a parte questo, abbiamo avuto ancora una valanga di offese e aggressioni tra le quali, naturalmente, non mancava nemmeno quella di chi lo ha accusato di «parlare troppo», e altri che, più o meno velatamente, gli hanno augurato di finire in una cella egiziana, dove è stato privato della libertà di esprimersi per 22 mesi, come ha ricordato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. Evidentemente, per il tifoso con il sangue negli occhi (che sia juventino, come in questo caso, non ha importanza: ce ne sono tra i sostenitori di tutte le squadre), il fatto che un ragazzo sia andato un po' sopra le righe nel commentare una partita, anche se questo ragazzo è stato privato della libertà per accuse assai poco chiare, e certamente patendo un trattamento vessatorio, non lo salva dalla ritorsione verbale più violenta: augurargli di perdere quel diritto a esprimersi che, in Italia, ha legittimamente recuperato.

«Se non posso dire la mia opinione sul calcio senza essere attaccato, non sono sicuro di come dovrei recuperare la mia voce in questioni più importanti», ha commentato Zaki, aggiungendo: «Mi sono trovato di fronte a decine di insulti e aggressioni, fino all'odio. Non mi dispiace avere regolarmente discussioni accese coi tifosi di diverse squadre, amo il calcio e apprezzo questo tipo di divertimento. Tuttavia, quando ho scoperto che la gente sperava che tornassi in prigione e fossi messo a tacere, mi ha davvero colpito come il discorso d'odio possa essere così facilmente innescato. Sinceramente non capisco, vengo attaccato dalle stesse persone che una volta mi sostenevano, solo perché ho detto la mia opinione sulla partita».

 

AGGRESSIONE
Nessuna ambiguità può essere ammessa, in questo caso: Zaki ha pienamente ragione, e i suoi rabbiosi aggressori hanno torto. Nessuno vuole togliere a chi lo voglia il gusto di contraddire anche Patrick Zaki, la cui penosa vicenda personale non lo rende naturalmente un intoccabile, ma un conto è la dialettica, il contraddittorio, un conto il colpo basso. Il confronto dovrebbe rimanere sul piano sportivo: Zaki non ha offeso i tifosi della Juve, ma ha ripescato un vecchio arnese retorico: l'avversario ruba. Gli si può replicare efficacemente sullo stesso piano, senza prospettargli la galera egiziana. E, a proposito di sport, lo sanno i suoi aggressori che quello del "tutti contro uno" è indecente?».

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