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"Nella migliore delle ipotesi...". Italia rovinata per Biden e Zelensky: condannati, ecco che fine farà il nostro Paese

 Volodymyr Zelensky

Pietro Senaldi
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La guerra in Ucraina sarà, nella migliore delle ipotesi, una disfatta per l'economia italiana. È bastato un mese per riportare la crescita in negativo, a -0,2% nel primo trimestre contro una previsione di +4,6. E questo senza neppure la sospensione dell'acquisto di gas da Mosca, come ci richiedono gli Stati Uniti, trovando noi e l'Europa a tergiversare, perché in realtà nessuno Stato è disposto a fallire in nome della resistenza ucraina, e la Germania della Presidente Ue, Ursula von der Leyen, lo è meno di tutti.

 

Il punto è che il conflitto si annuncia ancora lungo, perché più avanza la guerra più si alza l'asticella delle condizioni di pace. I militari russi morti già in numero maggiore che dopo dieci anni di guerra in Afghanistan rendono impossibile al dittatore di Mosca accontentarsi del Donbass indipendente e del riconoscimento della Crimea per dichiararsi vincitore. Il martirio di Mariupol e l'eroismo del suo esercito sbarrano la via della trattativa a Zelensky anche più degli ordini che gli arrivano da Casa Bianca e Downing Street.

La situazione di stallo può essere tollerata dalla Russia, visto che le autocrazie non sono soggette a voto popolare democratico e i sudditi di Putin sono plagiati dalla propaganda di regime, che garantisce al dittatore un consenso delle masse non scalfibile, neppure in casi di prime sconfitte sul campo o di sacrifici economici di rilievo.

Viceversa, i governi occidentali sono condizionati dalle opinioni pubbliche interne, tutte fiaccate da due anni di pandemia e nessuna delle quali, almeno nella Ue, apparentemente propensa a precipitare in una crisi economica senza prospettive di ripresa per mantenere il valoroso Zelensky in sella a quella che, prima del conflitto, era una delle democrazie più corrotte e mal governate del pianeta, una terra ricchissima e ciò nondimeno poverissima.

L'Unione europea si trova tra l'incudine e il martello. Fedele, per valori e interesse, agli Usa, dai quali è stata incapace di affrancarsi per pigrizia ed egoismo istituzionale dei suoi singoli Stati, e perciò spinta a combattere oltre le reali intenzioni della propria popolazione. Incapace di fare male davvero alla Russia, specie attraverso le sanzioni, che stanno agendo come un boomerang e l'hanno divisa ulteriormente. La sola potenza che potrebbe porre fine al conflitto, con pressioni al limite della minaccia su Putin e promesse agli Stati Uniti, è la Cina.

 

Solo che Pechino, si sa, è insensibile ai temi democratici. Gli importa solo dei quattrini. Siccome Xi Jinping governa un'economia basata sull'export verso l'Occidente, il solo argomento che può indurlo a muoversi è una recessione mondiale che si ripercuota violentemente sui suoi forzieri, impedendogli il sorpasso sul Pil statunitense, che il regime comunista conta di realizzare entro sei-sette anni, data che si è prefissato per diventare la prima economia al mondo. È evidente che la triangolazione che il nostro Maurizio Stefanini riporta oggi su Libero, in base alla quale l'Italia e altri Stati prima si autoimporrebbero il divieto di acquistate gas russo per indebolire Putin, e poi si garantirebbero la medesima fonte energetica comprandola dalla Cina, alla quale verserebbero per di più lauta mediazione, sarebbe il suicidio perfetto. 

Per salvare le apparenze e il feticcio di una libertà ucraina che non abbiamo le risorse per garantire, finanzieremmo due nemici anziché uno, ma al prezzo di tre, allontaneremmo la pace e svuoteremmo le nostre casse. Non solo, alla lunga finiremmo con il pregiudicare anche la nostra libertà, non solo quella ucraina. Il malessere sociale, la povertà, la perdita del proprio ruolo nel mondo sono infatti i semi delle dittature, l'anticamera delle derive antidemocratiche. Lo insegna la storia, quella dell'Europa e anche la nostra nazionale, a non volerla dimenticare. 

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