Il direttore

Vittorio Feltri: contro gli Alpini, il femminismo beota ha toccato il fondo

Vittorio Feltri

La notizia non è fresca di stampa: a Rimini si è svolto il raduno nazionale degli alpini che, Covid permettendo, si tiene ogni anno in un luogo diverso. Di norma durante questo genere di manifestazioni non si segnalano incidenti di alcun tipo, anche perché i pennuti sono moderatamente corretti e godono della simpatia popolare. Ma stavolta al termine delle sfilate e delle bevute alcoliche è scoppiata una polemica feroce fomentata da alcune femministe incendiarie. Le quali sostengono che gli ex militari si sono resi protagonisti di episodi vergognosi: molestie e addirittura violenze, vittime alcune ragazze. Insomma le donne sarebbero state oggetto di volgarità almeno in un centinaio di casi, troppi in effetti. Poi però abbiamo indagato e scoperto che per il momento esiste solo una denuncia formale sporta da una signorina.

 

Se le cose stanno così mi sembra inopportuno accusare in blocco migliaia di alpini di comportamento scorretto nei confronti di numerose femmine. Di certo essi non sono educande, d'altronde in tutte le caserme non è in uso un linguaggio castigato. Pertanto suppongo che varie Penne nere camminando per le strade di Rimini si siano lasciate andare ad espressioni poco eleganti dedicate alle passanti, la più diffusa è bella figa. Che, per quanto triviale, non può essere considerata una molestia, al massimo un complimento pesante meritevole di una condanna verbale, non certo penale come auspicano le sacerdotesse delle pari opportunità. Gli alpini, per altro, pur essendo talvolta un po' rozzi sono noti per la loro generosità. Sono sempre i primi a intervenire qualora ci sia una calamità. Ricordo il terremoto nel Friuli dove questi soldati in pochi mesi rimisero in piedi la regione, soccorrendo qualsiasi bisognoso e senza ricevere alcun compenso. Recentemente a Bergamo, appena scoppiata la pandemia, essi costruirono in dieci giorni un ospedale d'emergenza che salvò parecchie vite.

 

Mi risulta che (nessuno) pochi li ringraziarono delle loro opere, in compenso adesso le tardofemministe da strapazzo li insultano e li spacciano per molestatori seriali, mentre sono persone sempre pronte ad aiutare chi è in difficoltà. Ma sappiamo noi gente rustica che la gratitudine è il sentimento della vigilia. Passata la festa gabbato lu santo. Io, in anni lontani, ho svolto il servizio di leva nei granatieri, giovanottoni alti e robusti. Mi affidarono al ministero che gestiva pure un ristorante. La notte la nostra squadra si ricoverava in alcune camerate dove si praticava il cosiddetto nonnismo. Gli scherzi nei confronti delle reclute si susseguivano, a volte erano crudeli, ma nessuna femminista però ha protestato. Gli ultimi arrivati sacramentavano sottovoce. Nessuno li ascoltava. Adesso se un alpino rivolge a una fanciulla una frase cafona, per esempio riferendosi alla gnocca, questi viene denunciato non alla magistratura, bensì sui giornali. Evidentemente il femminismo beota ha toccato il fondo. Prima di chiudere questo mio sfogo vi propongo un raccontino sapido. In tempi remoti mi recai con un amico a Bergamo, si chiamava Telmo Pievani (era lo zio del famoso filosofo) in un ristorante di Città Alta, e quando entrammo ci imbattemmo in una bella donna. Telmo non si trattenne e le disse quanto di più classico si possa immaginare: bella figa. Madame gli rispose: villano. E lui di rimando: bella figa lo stesso. La signora avvenente proruppe in una risata. Era più evoluta delle sfigate nemiche odierne degli alpini.