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Adriano Sofri, un intervento a sproposito: quella lamentela fuori dal tempo su Luigi Calabresi

Iuri Maria Prado
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Nell'anniversario dell'assassinio di Luigi Calabresi, Adriano Sofri decide di intervenire in argomento e ieri, sul Foglio, si duole d'aver trovato scritto, perlustrando la rete internet, che lui sarebbe stato condannato all'ergastolo.

Si tratta senz'altro di un'inesattezza (perché Sofri non è stato condannato all'ergastolo ma a un paio di decenni di prigione), e ovviamente la vittima di una simile imprecisione ha tutto il diritto di dolersene. Tanto più se, come in questo caso, il condannato alla (diversa) pena ha sempre protestato la propria innocenza. Ma, come si dice, c'è un ma. D'accordo la puntualizzazione sull'entità della condanna. D'accordo il pieno di diritto di proclamarsi innocenti pur contro una sentenza che dice il contrario (solo gli imbecilli dicono che "le sentenze non si commentano", come se fossero il giudizio di dio). D'accordo parlare di te anziché di quello che, secondo la sentenza, hai fatto ammazzare. Ma santa pace, proprio in quel giorno?

Ammettiamo pure che tu sia innocente, ma proprio nel giorno in cui sono cinquant'anni da quando quel disgraziato è stato lasciato per terra, freddato da quel piombo assassino, tu prendi carta e penna e proprio ieri, proprio quando si ricorda quella vita spaccata, proprio quando, forse, sarebbe il caso di guardare altrove, tu te ne vieni fuori con "Io, io, io..."? Mah.

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