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Johnny Depp, evviva! La sentenza che ha ribaltato il Me Too: perché è una decisione fondamentale

Hoara Borselli
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L'ipocrisia del Me Too è stata ribaltata. Merito della sentenza più attesa d'America, quella che ha chiuso il processo mediatico che nelle Tv è riuscito a battere, per ascolti, persino le maratone sulla guerra. Johnny Depp ha vinto il processo contro l'ex moglie Amber Heard, riconosciuta colpevole di aver diffamato l'ex marito. Depp riceverà un risarcimento di 15 milioni di dollari. Il verdetto è stato raggiunto all'unanimità dai 7 membri della giuria guidati da un giudice donna, Penney Azcarate, dettaglio non di poco conto. 

Perché parlo di ribaltamento del Me Too? Questo processo ci ha detto che la donna non è sempre la vittima e non è così scontato che se piagnucola davanti alla Corte, dietro a lei c'è sempre un maschio violento da condannare senza se e senza ma. Ma cos'è stato il Me too? Una campagna di opinione per spingere una quantità di donne, soprattutto delle classi alte, a una azione travolgente e di massa di delazione, per trasformare in crimini i contrasti fra maschi e femmine. Non c'entra nulla il me too ("anch' io", è la traduzione in italiano) con la lotta alla violenza sessuale. La violenza sessuale è un reato; i dissidi di coppia, o gli scambi di favori tra potere e sesso, sono una cosa del tutto diversa, che coinvolge le capacità delle donne e degli uomini di gestire le proprie relazioni nel modo migliore. O nel modo più conveniente, che non c'è niente di male. Dico meglio: permette loro di essere liberi.

 

 

L'aggressione sessuale, lo stupro, l'inaudita violenza espressa da un uomo, o più uomini, che con la loro forza fisica costringono una ragazza disperata a subire un atto sessuale, non possono mai essere confusi con i giochi di potere o di seduzione, o con le liti in famiglia. Confonderli è un abominio. Perché minimizza e banalizza la violenza sessuale, che è il più orrendo dei reati, dopo l'omicidio. La sentenza Depp ci aiuta a superare questa clamorosa ipocrisia esaltata dai giornali e dalle Tv negli ultimi anni. E aiuta le donne a capire che a loro si chiede forza e capacità di discernimento. Come agli uomini. E che non è ricorrendo a una toga che possono appianare le controversie matrimoniali o i rapporti ambigui con il capoufficio.

AMBIGUITÀ - Vedete, è proprio in questa parola (ambiguo) che sta la chiave di volta. Può la giustizia stabilire con certezza (con certezza: è il suo dovere) in cosa consista una ambiguità, e da che parte oscilli? Può decidere che in presenza di una relazione ambigua - per motivi storici, per ideologie, o per pressappochismo - esista comunque una responsabilità maschile e non femminile?
Il Me too, per come io lo ho capito è esattamente questo. Un modo di pensare che stabilisce la debolezza della donna. La sua inferiorità. Esclude l'uguaglianza, la parità. Condanna la donna ad una condizione di subalternità permanente e naturale, e per questa ragione ne tutela le debolezze e le incapacità di esprimersi e di volere.

 

 

ANTIFEMMINISMO - Il me too, a mio modestissimo avviso, è il contrario esatto del femminismo. Dico di più: è una reazione al vecchio femminismo combattente e un modo per eliminarlo e far tornare la civiltà verso la vecchia società con la donna sottomessa. Perché il problema è esattamente questo. Dovremmo smetterla di denunciare a prescindere la malvagità e la superiorità del maschio. Il problema non è quello di tagliare i coglioni all'uomo. Il problema è di riportare la donna alla propria altezza. In posizione paritaria, o talvolta anche di dominio. Capace di battersi, imporsi, decidere, dettare. In grado di duellare con l'uomo. Non costretta a piangere tra le braccia di un giudice. Speriamo che la sentenza Depp spazzi via questa parentesi oscurantista. E che le donne possano tornare in prima fila. Dobbiamo qualcosa a Depp. E alla signora giudice che non si è fatta impietosire dalle lacrime e ha affermato verità e giustizia.

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