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Alessandro Sallusti: salari minimi per tenere le tasse massime, controsenso italiano

Alessandro Sallusti
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Oltre che di guerra la politica sta dibattendo anche sul salario minimo anche perché l'Europa sta per varare una direttiva per fare un po' di ordine in un campo assai disomogeneo: una legge in tal senso è in vigore in 21 dei 27 stati membri, non in Italia dove il livello dei salari è una giungla regolata da circa settecento accordi di settore che stabiliscono retribuzioni minime dai 6 ai 7,5 euro l'ora (in Germania siamo già oltre i 10). Economisti, imprenditori e sindacati sull'argomento sono divisi. Il minimo salariale infatti è un problema oltre che di soldi anche di potere: se la retribuzione fosse decisa per legge i sindacati perderebbero una buona parte del loro attuale ruolo e lo stesso vale per le tante associazioni imprenditoriali di categoria.

 

Attenzione, dove esso è entrato in vigore non ha provocato particolari scossoni all'occupazione né alla crescita. Il problema è più complicato di quanto appaia a prima vista e non privo di anomalie tipo, ma è solo uno dei tanti esempi possibili, che non si terrebbe conto che il costo della vita reale all'interno di un Paese è sensibilmente diverso da regione a regione.

Per quello che abbiamo potuto verificare, gli imprenditori non sono contrari a priori ma pongono un problema serio: il salario è una delle voci che compongono il costo del lavoro, nulla in contrario a rivederla a patto che i benefici per i lavoratori non inneschino un moltiplicatore di costi per le aziende. In sostanza: sì a nuovi salari minimi ma contemporaneamente vanno riviste la tassazione (il famigerato cuneo fiscale) e le rigidità che oggi tutelano oltre ogni logica anche i lavoratori fannulloni, quelli che si rivelano inadeguati o che per motivi legati all'andamento del mercato si trovano in situazione di esuberò rispetto alle reali possibilità economiche dell'azienda. 

 

Più soldi ai lavoratori e più libertà agli imprenditori (parlo ovviamente di quelli onesti che operano in base alle leggi e all'etica) potrebbe essere uno scambio vantaggioso per tutti e ci proietterebbe fuori da quel pantano che è oggi il mercato del lavoro. Una volta avremmo detto: per farlo ci vorrebbe un premier alla Mario Draghi. Oggi che Draghi lo abbiamo, ci mancano un governo e una maggioranza degni di questo nome. Siamo alle solite: a noi italiani manca sempre uno per fare trentuno.

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