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Di Maio e Conte? Un finto litigio: perché sono d'accordo (e perché il divorzio conviene a tutti e due)

 Conte e Di Maio

Pietro Senaldi
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Quello che accadrà nei Cinque Stelle era già scritto da tempo e le attuali cornate tra Di Maio e Conte sono solo una tappa verso l'inevitabile. Il ministro degli Esteri ormai da più di un anno fa parte della compagnia solo pro forma. D'accordo mettere la cravatta al Movimento, quando si diventa il primo partito e si entra stabilmente in maggioranza, qualunque essa sia e diventi nel tempo, ma per interpretare il ruolo di faccia presentabile del grillismo l'ex vicepresidente della Camera ha perso l'anima delle origini, quasi che l'apparenza si fosse mangiata tutta la sostanza. I pentastellati sono ai minimi storici, ha ragione Di Maio a sottolinearlo, però è evidente che la rifondazione non può partire da lui, che si è allontanato troppo dallo spirito delle origini.

Il ministro ha consumato un nuovo strappo sulla via del divorzio anche ieri, accusando il Movimento di trasformarsi in un partito dell'odio.
Francamente, il cambio ce l'ha avuto lui, perché i grillini da sempre sono quelli del vaffa e anche l'ex ragazzo di Pomigliano ci ha dato dentro a suo tempo, dalle sfilate con i gilet gialli alle liste di insulti ai giornalisti, alla messa in stato d'accusa del presidente Mattarella. La notizia non è che Di Maio abbia strappato. Si sapeva che l'avrebbe fatto, per accasarsi da indipendente nel campo largo di Letta o per fondare un piccolo partito personale con il quale piantare una tenda a fianco di quelle di Calenda, Renzi, Bonino, Fratoianni e tutto l'universo sinistro che circonda il fortino dem.

 

 

La notizia è che l'ha fatto adesso, a dieci giorni dal voto in Parlamento sull'invio delle armi all'Ucraina, quando Conte potrebbe uscire dalla maggioranza. Di Maio è un tattico, ma non è un cuor di leone. Se si è mosso, significa che qualcuno gli ha strizzato l'occhio e gli ha dato una pacca sulla spalla. Il segnale ai naviganti è chiaro: Giuseppi può uscire dal governo e portarsi dietro qualcuno, io però resto e con i miei adepti, che nessuno sa quanti siano, garantisco i numeri. L'operazione è a rischio zero, secondo le inclinazioni e la temerarietà dei protagonisti. Il 90% dei grillini la prossima legislatura non ci sarà e il 21 giugno, data del voto in Aula, se Conte romperà, staranno tutti bene attenti che a seguire l'ex premier sia una quota non sufficiente a mettere in crisi il governo.

La lite tra Conte e Di Maio è solo fittizia. In realtà i due non sono mai andati così d'accordo perché la mossa conviene a tutti. Il ministro si garantisce la rielezione, l'ex premier trova uno spazio di crescita per il Movimento, che ha senso solo nella protesta, non può più permettersi oltre di stare al governo e si libera di parlamentari che non potrebbe ricandidare. Ridono anche Letta e Draghi. Il voto di domenica ha fatto capire al Pd che l'alleanza con M5S non basta, ma i veti di Calenda e Renzi ai grillini impediscono allargamenti. Se però il Movimento si divide in due, la musica cambia. Azione e Italia Viva possono fidanzarsi con la good company di Luigino e restare coerenti, sostenendo che i veri pentastellati sono rimasti nella bad company di Giuseppi.

 

Perfino il guru Grillo ha benedetto l'operazione, rompendo un silenzio di mesi per affermare che non c'è spazio nel Movimento per chi cerca un terzo mandato. È il bacio d'addio a Di Maio e l'investitura di Conte, che ora dovrà sporcarsi la pochette alla ricerca dei voti perduti cavalcando le praterie di scontento lasciate dal governo. Il recente turno elettorale ha detto che il record di astensionismo si è avuto tra i delusi che nel 2018 avevano votato M5S. Quanto a Draghi, con Fratelli d'Italia così forte, la strada per restare al governo anche dopo le Politiche, e guardandosi bene dal ripetere l'errore che fece Monti candidandosi, sta per un'ammucchiata sinistra come socio forte, in attesa di vedere cosa accade nel centrodestra, dovesse per caso staccarsi nuovamente qualcuno se la Meloni non riuscisse ad avere i numeri per governare.

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