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Ius Scholae senza integrazione, ecco perché la legge sconvolgerà la nostra società

Giuseppe Valditara
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La sinistra ha deciso di forzare la mano sullo ius scholae. Non è una legge nell'interesse degli italiani. Secondo il sito Stranieri in Italia, i minori stranieri presenti nel nostro Paese sono oltre un milione, circa l'11,5% della popolazione residente sotto i 18 anni, gli alunni con cittadinanza straniera sono 876.801, vale a dire il 10,3% della popolazione studentesca, quelli che già oggi potrebbero ottenere la cittadinanza se passasse la legge 330.000.

 

Le comunità hanno sempre ricevuto apporti esterni, quello che conta per il futuro di una nazione è che abbia una identità forte, con valori condivisi e fatti rispettare. Uno Stato ha fra le sue componenti un popolo, cioè una comunità di cittadini che si è costituita sulla base del contributo di diverse generazioni. Come in ogni società è diritto dei soci pretendere che i nuovi ammessi non vengano a stravolgere quella identità e quegli equilibri.

E qui sta il punto: non si tratta di ragazzi i cui genitori sono già italiani e quindi già integrati. Nel caso dello ius scholae si avrebbe il paradosso di minori italiani con genitori stranieri. Sappiamo quanto poco formi la scuola italiana di oggi in termini di valori di appartenenza ad una comunità, di consapevolezza di una identità, e di conoscenza di una storia. In questo contesto, cinque anni di frequenza scolastica sono pochi per parlare di integrazione. C'è il rischio concreto che siano preponderanti i valori trasmessi a questi ragazzi dalle famiglie. L'esperienza francese insegna come l'influenza della famiglia e delle comunità etniche abbia un peso decisivo tanto da essere all'origine di una forte conflittualità. Oggi in Italia le baby gang sono composte prevalentemente da ragazzi italiani di seconda generazione che pur frequentano le nostre scuole. Il che testimonia che la cittadinanza, senza altre condizioni, non diminuisce la devianza.

 

Con la legge sullo ius scholae nessuno verificherà se questi aspiranti cittadini condividono il rispetto dei valori costituzionali, se conoscono la nostra storia, nè se tengono a scuola e fuori da essa una buona condotta. Se condividono i valori fondanti della nostra società. Qualcuno obietterà che anche molti italiani non sono cittadini esemplari. Appunto: purtroppo questi "cattivi" cittadini dobbiamo tenerceli, non vorremmo se ne aggiungessero altri e i dati non sono rassicuranti. Il tasso di criminalità fra i giovani stranieri di età compresa fra i 14 e i 24 anni per reati che suscitano allarme sociale era nel 2020 oltre 8 volte più alto dei giovani italiani.

Proprio il fenomeno delle baby gang dovrebbe semmai indurre a scelte opposte: immaginare una cittadinanza che si acquisisce previa valutazione della reale integrazione e che può essere tolta se entro 5 anni il neo cittadino dovesse aver tenuto comportamenti devianti di un certo rilievo. Sullo ius scholae si manifestano i vizi della sinistra che è ideologica e non realista, che coltiva diritti senza responsabilità, preferisce il disordine ad una società ordinata. E che ragiona per calcoli di natura elettorale: si tratta di cifre che possono cambiare nel prossimo decennio gli equilibri politici del Paese. In questo modo però è in gioco soprattutto il futuro dei figli degli italiani, che non è poca cosa.

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