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Sinistra, il "ciaone" ai compagni curdi: come sono stati venduti a Erdogan

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Gianluca Mazzini
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Le immagini del ministro degli Esteri Luigi Di Maio che all'ambasciata Usa di Roma il 4 luglio per l'Indipendence Day fa il saluto alla bandiera americana con la mano sul cuore (scimmiottando la sua vicina di parata Nancy Pelosi) dà il quadro della confusione psichica che attanaglia la nostra classe dirigente. Con la guerra in Ucraina il livello politico-diplomatico si è alzato. Troppo. Si pensi all'imbarazzata visita ad Ankara di Draghi con mezzo governo al seguito. Il nostro premier pochi mesi aveva definito Erdogan «un dittatore di cui abbiamo bisogno» (aprile 2021). La settimana scorsa il sultano turco è diventato per l'Italia un leader «amico e alleato» (luglio 2022).

 

 

Non che in Europa la situazione sia molto migliore. Si prenda il caso di Svezia e Finlandia con i loro governi socialdemocratici a guida femminile. La finnica Sanna Marin e la svedese Magdalena Andersson, terrorizzate dalla guerra, hanno chiesto l'ingresso nella Nato gettando a mare una tradizione (secolare per la Svezia) di neutralismo armato. Con un prezzo morale da pagare altissimo: accettare il diktat di Erdogan che ha imposto la fine dell'aiuto ai rifugiati curdi e l'estradizione di alcuni di loro in Turchia. Una resa moralmente inaccettabile da parte dei Paesi modello del politically correct. Decisione che ha provocato qualche rossore a Bruxelles ma poco altro, benché si tratti di un tradimento da parte della sinistra europea e italiana da sempre supporter dei curdi.

 

 

Un atteggiamento pilatesco fatto proprio da tutta la sinistra italiana. Quella sinistra che nel 1998 festeggiava l'arrivo a Roma del leader del Pkk curdo Abdullah Ocalan (accompagnato dal deputato di Rifondazione Comunista Ramon Mantovani). Invece di concedergli l'asilo politico, in 65 giorni i compagni italiani avevano convinto Ocalan, ricercato dai turchi per terrorismo, a trasferirsi in Africa dove lo attendevano gli 007 di Ankara. Chi non ricorda i peshmerga? Era il 2015 quando i guerriglieri curdi, con tanto di comandanti donne, difendevano Kobane, paragonata a una moderna Stalingrado, bloccando in Siria l'avanzata dell'Isis (finanziato dai turchi). Le celebrazioni entusiastiche di tutta la stampa progressista per questo popolo eroico e "laico" sono state, dimenticate con i centomila curdi che risiedono in Svezia e Finlandia "venduti" alla Turchia dopo averci difeso dai tagliagole integralisti. Non solo. L'accordo in sede Nato prevede la fine dell'embargo delle armi europee per Ankara. Armi che saranno usate per sterminare gli ex paladini della sinistra italiana ed europea.

 

 

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