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Vittorio Feltri: "L'arroganza del Pd, condannato alla sconfitta"

Vittorio Feltri
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«Siamo assolutamente consapevoli di essere dalla parte della ragione», ha affermato il segretario del Pd Enrico Letta inaugurando con queste parole la corsa alle urne. I toni sono quelli a cui ormai siamo avvezzi, tipici di una sinistra la quale si è autoincensata e autoconvinta di essere simulacro di verità inoppugnabili, una sinistra che si dice democratica eppure sempre più sicura che un unico pensiero abbia valore e sia dunque ammissibile, ovvero il pensiero che essa stessa esprime, una sinistra che non è disposta ad ascoltare non solamente coloro che la pensano in maniera avversa ma neppure la gente comune, da cui si procura con cura di tenersi alla larga. Una sinistra, infine, che non ha alcuna intenzione di mettersi in discussione, ossia di assumersi la fatica di comprendere i propri errori: essa è appunto dalla parte della ragione, sempre e comunque, tutti gli altri dalla parte del torto.

 

 

In effetti, mi tocca rilevare che di ragione, cioè di calcolo, ce n'è stata anche troppa in questa politica manovrata da lustri dai progressisti, che si sono impossessati della cosa pubblica anche quando la sentenza del popolo sovrano li aveva condannati alla esclusione o ad un ruolo marginale. Quello che è mancato è forse il cuore e magari qualcuno avrà da obiettare su questo punto, considerando la politica un affare da condurre unicamente con la testa. Tuttavia, depositario di valori è il cuore, non il cervello. E ritengo che ciò che dovremmo riportare all'interno delle istituzioni sono proprio quei valori che sono stati dimenticati e che la sinistra globalista, la quale cerca di scardinare identità e radici, demonizzando persino la storia di un popolo e di una Nazione, ha trasformato in vizi, crimini e peccati. Persino l'amore di patria per i radical-chic è qualcosa di riprovevole e non uno dei sentimenti più elevati che possa provare un essere umano, un cittadino.

Salvo poi riscoprire, ovviamente, l'amor di patria quando la patria non è la nostra, bensì l'Ucraina. In quel caso richiamarsi a determinati principi non è più sintomo di strisciante fascismo. La sinistra, insomma, è piena di contraddizioni.

 

 

 

Tuttavia, la frase di Letta che ho pocanzi richiamato mi ha indotto a riflettere sulla più grave patologia che affligge attualmente i progressisti. Si tratta di una ingiustificata supponenza morale e intellettuale che li rende certi di essere sempre dalla parte del giusto e che li induce, sulla base di tale persuasione, a lasciarsi andare anche ad atteggiamenti che potremmo definire aggressivi. La sinistra soffre della sindrome di Aristotele, che non costituisce un vero e proprio disturbo psicologico ma che pure è l'insieme di una serie di caratteristiche che possiedono coloro che vogliono ossessivamente sempre avere ragione, che tendono ad autoaffermare se stessi, prevalendo su chi non manifesta la loro medesima visione, indicato per questo come soggetto inferiore, subalterno, sciocco, pericoloso, indegno, diciamo anche "fascista", per sintetizzare. Allorché i sedicenti democratici devono ribattere ad un avversario politico, ecco che ricorrono all'insulto, alla ghettizzazione, alle accuse infamanti di razzismo, omofobia, sessismo. Essi non conoscono altra maniera di interloquire. Ecco perché prevedo una campagna elettorale con i pugnali tra i denti, senza dubbio più violenta delle altre, sia perché i tempi sono brevi sia perché la sinistra è in evidente difficoltà e non ha scampo dalla sconfitta. 

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