Il commento di Senaldi

Centrodestra, tocca a Giorgia Meloni (ma ne escono bene tutti e tre)

Pietro Senaldi

Non era iniziato sotto i migliori auspici, il primo vertice del centrodestra per decidere le liste e preparare le elezioni politiche. C'era diffidenza da parte della Meloni, provata da quattro annidi incomprensioni con gli alleati e timorosa di sgambetti da qui alla data del voto. Ma c'era anche perplessità da parte di Berlusconi e Salvini, infastiditi dal piglio della leader di Fdi, che quando è contrariata fatica a presentarsi con il sorriso, e questo non aiuta a sciogliere il ghiaccio. Le richieste di Giorgia, a partire dalla richiesta del 50% dei seggi e della chiara indicazione di chi sarà il premier, erano poi ritenute eccessiva la prima e prematura la seconda.

Sarà quindi perché il centrodestra è in un vicolo cieco, dove l'accordo è la sola via d'uscita, che il vertice di metà pomeriggio è finito meglio di come era incominciato. $ stato infatti trovato l'accordo sui criteri per individuare il candidato premier della coalizione: corrono per vincere tutti e tre i leader, anche perché così i sostenitori di ciascun partito hanno una motivazione in più per recarsi al seggio, e poi la forza che prenderà più voti avrà l'onere di indicare il candidato dell'alleanza a Palazzo Chigi, visto che l'incarico, si sa, è nelle mani del presidente Mattarella.

 

RAGIONE E CALCOLO
Hanno prevalso la ragione e il calcolo, in politica è giusto così. L'occasione è troppo ghiotta per gettarla alle ortiche sia per la coalizione, che potrebbe tornare a guidare il Paese dopo undici anni, sia per la Meloni, destinata a prendere più consensi di tutti, e con i ritmi ai quali si bruciano i leader di questi tempi non è detto che la congiuntura astrale si ripeta. Certo, sulla composizione delle liste la battaglia sarà lunga e violenta, ma questo non può stupire. Il centrodestra ha cambiato tre "front runner", come li chiamerebbe Enrico Letta, in meno di cinque anni e le scosse d'assestamento sono fisiologiche. Si devono adattare alla nuova realtà Berlusconi e Salvini, ma deve farlo anche la leader di Fratelli d'Italia.

Silvio la sua parte l'ha fatta. Credere fino in fondo nella coalizione di centrodestra gli è costata la perdita di parlamentari azzurri che per lustri sono stati di primissimo piano; Brunetta, Gelmini e Carfagna, tanto per intendersi. Ha anche accettato, a 86 anni, di fare il vertice in trasferta, negli uffici della Lega a Montecitorio, non in una delle sue lussuose dimore.

Non si può pretendere che indichi ai propri elettori Giorgia come premier fin da subito e neppure che non battagli furiosamente per avere più seggi possibili. Alle scorse Politiche, quando era dato in vantaggio, ha accettato di allearsi a una lista che si chiamava Salvini premier ed è quindi giusto che oggi voglia regalare agli elettori azzurri l'idea, o almeno l'illusione, che votare Forza Italia significhi reinsediarlo a Palazzo Chigi. Lui o un suo delfino.

 

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Anche Salvini ha fatto la sua parte. Era il meno convinto dei tre dall'idea del voto anticipato. Ha corso pure lui il rischio che il suo partito subisse defezioni per la caduta del governo, ma non ha avuto paura di tirare dritto, venendo premiato dal ricompattamento della Lega intorno alla sua persona.

Già prima del vertice di ieri aveva ribadito più volte, malgrado i sondaggi lo diano quasi dieci punti sotto Fdi, che chi prenderà più voti esprimerà il premier. Si dice che lo abbia fatto perché convinto di recuperare tutto lo svantaggio. In ogni caso, è stato un atto di coraggio.

LA SFIDA PIÙ DIFFICILE
Mala partita più difficile è quella della Meloni, perché lo è sempre, in politica, quella di chi si presenta in vantaggio, in quanto ha più di tutti da perdere. E lo sa bene Berlusconi, che ha passato anni a rincorrere, blandire, ascoltare, trattare, con alleati che erano formiche rispetto a Forza Italia. Ora che il suo partito vale tre volte quello di Silvio, tocca a Giorgia il ruolo del federatore, l'ingrato compito di tenere tutti insieme. Fin qui ha dato prova di essere una grande visionaria, avendo fondato un partito, una grande leader, avendolo portato dal nulla in testa ai sondaggi, e una grande capopopolo, avendo conquistato il cuore di milioni di italiani. Ora la attende la sfida più difficile: dimostrare di avere le doti per guidare anche gli altri, non solo i suoi.
I primi segnali si vedranno già nei prossimi giorni, quando inizierà la giostra medievale della composizione delle liste.