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Pd, la "superiorità morale"? Ecco come speculano sui morti: l'ultimo orrore

Iuri Maria Prado
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Tra le iniziative serie e democratiche per cui si segnala la bella militanza social del Pd in tempo campagna elettorale, c'è il recupero, con pedissequo volantinaggio via social, di roba come la fotografia di una vittima italiana nella strage del Bataclan, l'immagine dell'Italicus sventrato dalla dinamite, o quella della stazione di Bologna devastata dall'attentato di quarantadue anni fa. Il tutto opportunamente guarnito con congrui messaggi promozionali, tipo: «Non dimentichiamo». Questa specie di sciacallaggio bipolare - un po' di retorica sull'europeismo della poveretta uccisa a Parigi, un po' di obliquità comunicativa sulla matrice neofascista delle stragi del 1974 e del 1980 - è tanto più detestabile appunto perché non ha nulla a che fare con la storia di quei fatti, né con l'esigenza di tenerne memoria, né tanto meno con il desiderio di onorare le vite distrutte da quegli attentati. Semmai, e abbastanza vergognosamente, è un esercizio di usurpazione con cui si prende una tragedia e la si mette in brochure, come il deodorante in omaggio con l'abbonamento al corso di Pilates, salvo assumerne e vantarne la portata civile e democratica perché rivolta al buon fine di rappresentare la società democratica e perbene che non dimentica contro quella che invece se ne frega.

PURA PROPAGANDA
Non c'è proprio nulla di comunitario in una propaganda come questa, proprio nulla che richiami tutti a un'occasione di ricordo e commemorazione, davvero niente che riguardi nemmeno lontanamente una genuina istanza di giustizia, una sentita richiesta di ripristino della verità: c'è solo il volgare ripescaggio a fini impressionistici di vicende e nomi che non meriterebbero l'oltraggio di essere affiancati al simbolo di partito che tra qualche settimana chiederà una croce per la promessa di sussidio o per la tassa sull'eredità. Cose in sé discutibili quanto legittime, l'una e l'altra, ma che dicono molto su chi le propone quando pretendono di legittimarsi e nobilitarsi in un apparato comunicazionale che le mischia con la magniloquenza dolorista sugli innocenti falciati dalla barbarie terroristica. Inutile dire che non è vietato a un partito politico di mostrare attenzione e sensibilità per quelle storie atroci, ma c'è qualcosa di insopportabilmente molesto nella spudorata gratuità con cui, nell'anniversario della nascita, si adopera la fotografia di una ragazza uccisa per fare supercazzole sull'«esempio di forza e talento dei giovani italiani che si mettono in gioco». Ma non basta ancora. Perché in questa oscena utilizzazione di immagini e storie pietose c'è poi l'insulto supplementare con cui i corpi e la memoria delle vittime sono arbitrariamente acquisiti al patrimonio di una parte e sbattuti in faccia all'altra, con la bugia di sottotesto per cui in realtà si tratterebbe di una devozione che, tramite il partito, esprimerebbe quella nazionale e comune. Tutto servirebbe al doveroso rispetto per quei morti, tranne che metterli nel chiasso cinguettante dei partiti impegnati a tirarsi colpi bassi.

IPOCRISIA
A tutto avrebbero diritto quei disgraziati, tranne che essere trasformati nell'argomento competitivo e dimostrativo tra un dissidio sull'Irpef e una rissa sul cuneo fiscale. E tutto dovrebbe fare un partito politico con un'immagine appena decente, appena presentabile, appena civile, tranne che abbandonarsi all'ipocrisia tanto ridicola quanto insopportabile degli occhi di tigre dismessi per esigenza di collegio in favore di quelli più adatti dell'avvoltoio.

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