Mafia: legale Dell'Utri, inchiesta inconsistente, Graviano sapeva di essere intercettato
Palermo, 31 ott. (AdnKronos) - L'apertura di un'inchiesta a Firenze sui mandanti occulti delle stragi mafiose del 1993, che vede nuovamente indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri "non porta nessun ulteriore supporto probatorio, la prova è inconsistente e non genuina", perché il boss Giuseppe Graviano "sapeva di essere intercettato in carcere". Lo ha detto all'Adnkronos l'avvocato Giuseppe Di Peri, legale dell'ex senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri, commentando la riapertura dell'indagine. La Procura di Firenze, come scrivono oggi alcuni quotidiani, ha già ottenuto dal giudice delle indagini preliminari la riapertura del fascicolo, archiviato nel 2011, e ha delegato nuovi accertamenti alla Direzione investigativa antimafia sulle intercettazioni in carcere del boss Giuseppe Graviano. Nella registrazione delle cimici in carcere, Graviano, parlando con il codetenuto Umberto Adinolfi, il 10 aprile dello scorso anno, aveva detto: "Novantadue già voleva scendere... e voleva tutto", e secondo la Procura il soggetto era l'ex premier Silvio Berlusconi. Poi avrebbe aggiunto, sempre secondo i pm: "Berlusca... mi ha chiesto questa cortesia... (...) Ero convinto che Berlusconi vinceva le elezioni ... in Sicilia ...". Si tratta di un passaggio chiave di uno dei dialoghi intercettati in cui, secondo l'accusa che ha depositato le conversazioni audio e le trascrizioni nel processo sulla trattativa tra Stato e mafia. Il capomafia parla di presunti favori fatti da Silvio Berlusconi a Cosa nostra, che la mafia avrebbe ricambiato con le stragi del 1992 e del 1993. Ma per la difesa di Dell'Utri, la parola 'Berlusca' non sarebbe mai stata pronunciata, come dimostra una consulenza della difesa depositata nei giorni scorsi dall'avvocato Di Peri nell'ambito del processo sulla trattativa Stato-mafia. E lo dimostrerebbero, secondo l'avvocato Giuseppe Di Peri, alcune delle intercettazioni in carcere tra Graviano e Adinolfi "in cui - dice Di Peri - i due dimostrano di sapere di essere ascoltati. Ecco perché le prove che sono state inviate, sia a Firenze che a Caltanissetta, non sono genuine. Al vaglio della valutazione del giudice sono inconsistenti".