Mafia: ass. testimoni giustizia a Mattarella, proteggere famiglia Cutrò
Palermo, 23 gen. (AdnKronos) - L' Associazione Nazionale Testimoni di Giustizia fa appello al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella "affinché si faccia tutto il possibile per proteggere la famiglia Cutrò e soprattutto si faccia chiarezza su come sia stato possibile che la Commissione Centrale del Ministero degli interni abbia revocato le speciali misure di protezione mettendo così a grave rischio di vita la mia famiglia". "Quello che fa più male -afferma Cutrò- sta proprio nelle parole intercettate dai carabinieri nel corso delle indagini: il capomafia confida nel fatto che lo Stato si stancherà di proteggere la famiglia Cutrò. Anzi per il capomafia questa è una certezza! Il nocciolo sta proprio nella assoluta consapevolezza del capomafia che basterà semplicemente attendere che lo Stato si stufi di Ignazio: che lo faccia per risparmiare danaro e quindi per ridurre i costi della sua protezione oppure per il suo temperamento, per le sue proteste poco importa". E ancora: "Il capomafia sa bene che deve soltanto attendere questo momento e potrà uccidere Ignazio Cutrò e la sua famiglia. Noi, se siamo uno Stato civile che vuole veramente sconfiggere le mafie e sostenere gli onesti cittadini che denunciano dobbiamo infrangere, spezzare questa granitica certezza del capomafia che mai e poi mai lo Stato smetterà di proteggere i testimoni di giustizia". "Anche quando il testimone alza la voce per chiedere che lo Stato rispetti i patti con chi ha avuto il coraggio di denunciare non ci si dovrà mai stancare di salvargli la vita - dice Cutrò - Invece accade l'esatto contrario tanto che, nonostante sappiamo bene che le mafie non dimenticano, il Ministero dell'Interno, la Commissione Centrale presieduta dal viceministro, la Prefettura e la Procura e anche la Direzione Nazionale Antimafia preferiscono rischiare la vita del testimone piuttosto che ascoltare le sue richieste e domandarsi se forse il testimone non abbia pienamente ragione a gridare forte la sua indignazione. Quello che per lo Stato è normale prassi, cioè la revoca delle misure speciali di protezione, per il capomafia è la giusta occasione per vendicarsi e uccidere Ignazio Cutrò". "Quando - conclude Ignazio Cutrò - capiremo che la vita e l'onore degli onesti, dei testimoni di giustizia, è un valore irrinunciabile nella lotta contro le mafie allora potremo coronare il sogno di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino di vivere in un Paese libero dalla violenza mafiosa e dalla stupidità di chi, nelle Istituzioni, pensa di contrastare le mafie senza una strategia a dimensione nazionale e locale".