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Mafia: Contrada, 'Tinebra mi chiese di dare contributo a indagini Borsellino'

AdnKronos
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Caltanissetta, 5 apr. (AdnKronos) - Un giorno dopo la strage di via D'Amelio, l'allora Procuratore capo di Caltanissetta, Gianni Tinebra, chiamò l'allora capo dei servizi segreti Bruno Contrada per chiedergli di "dare una mano alle indagini sulla strage". A raccontarlo in aula, al processo per il depistaggio sulle indagini sulla strage di via D'Amelio, è lo stesso Contrada, 88 anni, sentito dalla Procura come teste assistito da un legale. "Ho avuto una conversazione con il Procuratore di Caltanissetta Tinebra il 20 luglio 1992 - dice Contrada - lui mi chiese di contribuire alle indagini, ma tra le varie cose che gli prospettai e le varie obiezioni che avevo fatto alla sua richiesta di collaborare alle indagini, la cosa principale era che non ero più nella polizia giudiziaria. Avevo anche obiettato che non avrei intrapreso nessuna attività sul piano informativo, perché quello era il mio compito, se non d'intesa con gli organi di polizia giudiziaria interessati, sia della Polizia che dei Carabinieri". E pochi giorni dopo ci fu l'incontro, come risulta anche dall'agenda che Contrada ha portato in aula, con i vertici di Polizia e Carabinieri a Palermo. "Infatti ci fu l'incontro, per la Polizia, con l'allora dirigente della Squadra La Barbera e successivamente l'incontro con il maggiore Obinu dei Carabinieri", racconta ancora Contrada. "A farmi il nome di Obinu fa il generale Antonio Subranni che conoscevo benissimo". "A La Barbera dissi che non avrei fatto nulla per accavallare le indagini - spiega Contrada al pm Stefano Luciani - dissi che avrei scolto un'attività che non potesse disturbare le loro indagini, gli spiegai quello che noi come Servizi segreti potevamo fare per contribuire, nei limiti del possibile, alle indagini sulla strage". "Ero l'unico in quell'ambiente che avesse conoscenza di cose e uomini di mafia, per la mia lunga permanenza di servizio a Palermo - dice ancora - ho trascorso 23 anni a Palermo nella lotta contro la mafia. Gli altri erano 'digiuni' di lotta alla mafia, compreso il capocentro del Sisde di Palermo, colonnello Andrea Ruggeri". "Avremmo fatto una indagine sulle famiglie dello schieramento predominante, cioè i corleonesi, al fine di agevolare il loro lavoro investigativo, in primo luogo la famiglia dei Madonia - racconta Bruno Contrada - Con il dottor La Barbera non avevo avuto alcun genere di rapporto, tra me e lui ci saranno stati solo due o tre incontri, di cui uno casuale all'aeroporto - prosegue Contrada - Io ritenni che lui era già informato dal capo della Polizia che Tinebra mi aveva detto di dare un contributo a questa indagine". "Dopo il '91, il governo riteneva che la criminalità organizzata era giunta a un punto di pericolosità tale da costituire un pericolo per la sicurezza democratica del paese. Quindi doveva dare il suo contributo. La Barbera non mi disse niente, anche perché lui parlava poco. Io gli spiegai cosa avrei fatto, alla presenza di Andrea Ruggeri". Poi, Contrada, ha ribadito: "Ho 88 anni e non ho da difendere né da accusare nessuno, io dico solo la verità....".

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