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Borsellino: fratello agente Traina, '27 anni di menzogne, omicidio di Stato-mafia'

AdnKronos
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Palermo, 18 lug. (AdnKronos) - (di Rossana Lo Castro) "Un inferno di fuoco e fumo". Luciano Traina la strage di via D'Amelio l'ha vissuta due volte: come poliziotto e come fratello di Claudio, l'agente di scorta morto insieme a Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina e Agostino Catalano, nell'eccidio che costò la vita anche al giudice Paolo Borsellino. Alla Squadra mobile di Palermo era arrivato nel 1985 da Milano. "Entrare in polizia per me e Claudio è stata una scelta di vita. Credevamo nella giustizia" dice all'Adnkronos. Un verbo coniugato al passato che lascia intravedere un'amarezza lunga 27 anni. "Non si può continuare a vivere nelle menzogne. Bugie grazie alle quali in tanti hanno fatto carriera, occupando posti che non avrebbero dovuto ricoprire. Quelli sono stati omicidi di Stato-mafia, ecco la verità". E' arrabbiato Luciano. "Ho sentito le deposizioni ai processi, piene di contraddizioni, con versioni cambiate mille volte in questi anni. Contraddizioni e frammenti di verità non solo da mafiosetti di quattro soldi, ma anche da ex parlamentari e magistrati. Bugie che offendono me e la memoria di mio fratello. Così le vittime si uccidono due volte". Il traguardo della giustizia per lui è lontano. "Forse la verità la sapremo tra 20-30 anni - denuncia -. Mano mano che qualcuno muore allora emerge un nuovo tassello. In tanti ancora tacciono. Per paura, per interesse". Nello Stato Luciano dice di credere ancora. "Ma non in tanti che rappresentano le Istituzioni" taglia corto. "A Palermo dopo le stragi hanno mandato più di mille uomini, dovevano mettere la città e la Sicilia sottosopra e, invece, non è successo niente. Nessuno ha mosso un dito per restituirci la verità".

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