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Nuovi dati su molecole anti-sclerosi multipla Biogen

AdnKronos
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Roma, 12 set. (AdnKronos Salute) - Da Stoccolma nuovi dati sulle molecole anti-sclerosi multipla frutto della ricerca Biogen. "Dimostrano i benefici potenziali del trattamento con natalizumab, peginterferone beta-1a e interferone beta-1a in determinate popolazioni di persone colpite da sclerosi multipla", si legge in una nota. I risultati ottenuti nella pratica clinica real-world vengono presentati nella capitale scandinava in occasione del 35.mo Congresso del Comitato europeo per il trattamento e la ricerca nella sclerosi multipla (Ectrims) e del 24.mo Congresso annuale sulla riabilitazione nella sclerosi multipla (11-13 settembre). "La leadership di lunga data di Biogen nelle cure per la sclerosi multipla ci offre l'opportunità di far progredire il paradigma terapeutico grazie alle continue ricerche su alcune delle nostre terapie per la sclerosi multipla più diffuse e prescritte, come natalizumab, peginterferone beta-1a e interferone beta-1a", ha dichiarato Alfred Sandrock , Executive Vice President e Chief Medical Officer di Biogen. "Lavoriamo costantemente per migliorare i risultati nei pazienti, anche attraverso un'esplorazione meditata e rigorosa di nuovi approcci terapeutici". In particolare, i dati a 4 anni dello studio osservazionale in aperto a braccio singolo Strive confermano l'efficacia real-world a lungo termine di natalizumab nelle persone con sclerosi multipla recidivante nelle fasi precoci, entro 3 anni dalla diagnosi e negativi agli anticorpi contro i virus JC. Nel periodo dai primi 2 ai 4 anni di trattamento il 70,1% dei pazienti partecipanti allo studio ha ottenuto lo stato clinico di Neda (nessuna evidenza di attività della malattia), definito come mancanza di recidive o di peggioramento della disabilità confermato per 24 settimane. In aggiunta, l'83,7 % ha raggiunto lo stato di Mri-Neda, definito come assenza di lesioni captanti il gadolinio o di lesioni in T2 nuove o in espansione. Inoltre, più della metà dei pazienti (58%) ha raggiunto lo stato di Neda propriamente detto, che comprende sia il Neda clinico sia il Mri-Neda. Dai risultati emerge anche che natalizumab è stato associato a miglioramenti significativi della disabilità e del deficit cognitivo. Inoltre nuovi dati, frutto di due studi osservazionali real-word, comprovano che l'esposizione al trattamento con interferone beta (inclusi il peginterferone beta-1a e l'interferone beta-1a) prima del concepimento e/o durante la gestazione potrebbe non comportare effetti negativi sugli esiti della gravidanza o nella crescita del neonato. I ricercatori hanno utilizzato i dati sanitari dei registri dei Paesi nordici (Finlandia e Svezia) per esaminare retrospettivamente i risultati sui neonati delle donne trattate con interferone beta e confrontarli con le pazienti non esposte a terapie modificanti la malattia. "I risultati mostrano che gli esiti sono stati simili tra i due gruppi, senza alcuna evidenza che l'esposizione al trattamento con interferone beta prima e/o durante la gravidanza abbia portato conseguenze sul peso o la circonferenza cranica dei neonati alla nascita". I dati sugli esiti in gravidanza raccolti nel Programma osservazionale su peginterferone beta-1a, un programma della durata di 5 anni attualmente in corso e volto a valutare la sicurezza e l'efficacia a lungo termine del peginterferone beta-1a in più di 1.200 pazienti con sclerosi multipla recidivante in tutto il mondo, "sono risultati in linea con gli esiti riportati in passato sia dagli studi sui registri dei Paesi nordici sia dal Registro europeo dell'interferone beta su gravidanza", conclude la nota.

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