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Migranti: 'torture e stupri in Libia', le vittime denunciano gli aguzzini, tre fermi/Adnkronos

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AdnKronos
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Palermo, 16 set. (AdnKronos) - (di Elvira Terranova) - Carcerieri spietati che usavano scariche elettriche, bastoni e tubi di gomma per picchiare le vittime detenute nel campo di Zawyia, in Libia, e che violentavano, anche in cinque, le donne che venivano portate in quel centro di detenzione. Sono racconti dell'orrore quelli che emergono dalle testimonianze dirette delle vittime che, tra le lacrime, hanno ripercorso davanti ai poliziotti della Squadra mobile di Agrigento e al Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, quanto subito in Libia prima di potere partire su un barcone per l'Italia. E' proprio solo grazie ai loro racconti che la Dda di Palermo ha potuto emettere un provvedimento di fermo per tre persone accusate, per la prima volta in Italia, del reato di tortura, oltre che di sequestro di persona, alcuni anche di associazione a delinquere finalizzata alla tratta di persone, alla violenza sessuale, all'omicidio. In carcere sono finiti Mohammed Condè, detto 'Suarez', originario della Guinea, 27 anni, Hameda Ahmed, egiziano, 26 anni e Mahmoud Ashuia, egiziano, 24 anni. Il fermo è stato eseguito nell'hot-spot di Messina, dove i tre erano stati trasferiti dopo lo sbarco a Lampedusa. I carcerieri per fare partire le vittime chiedevano un riscatto alle famiglie dei prigionieri e solo chi paga può mettersi in mare verso l'Italia. Il Procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, che ha aperto l'inchiesta, parla di una "conferma delle inumani condizioni di vita all'interno dei cosiddetti capannoni di detenzione libici" e "la necessità di agire, anche a livello internazionale, per la tutela dei più elementari diritti umani e per la repressione di quei reati che, ogni giorno di più, si configurano come crimini contro l'umanità". Ma eccoli alcuni dei racconti dell'orrore delle vittime. "Ho subito delle vere e proprie torture che mi hanno lasciato delle cicatrici sul mio corpo - racconta uno dei loro sentito dagli inquirenti - Specifico che sono stato frustato tramite fili elettrici. Altre volte preso a bastonate, anche in testa". "Le condizioni di vita all'interno di questo carcere erano dure- ribadisce la vittima come scrivono i pm nel provvedimento di fermo- Ci davano da mangiare solo una volta al giorno e ciò non bastava per placare la nostra fame, mentre l'acqua era razionata e non era affatto potabile, poiché bevevamo l'acqua del rubinetto del bagno".

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