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Sit-in lavoratori davanti a Regione E.Romagna contro legge regionale sui giochi

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AdnKronos
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Bologna, 17 set. (AdnKronos) - Una proroga all'entrata in vigore della norma regionale sul gioco d'azzardo, prevista per il prossimo 19 settembre. E' questa la richiesta avanzata dalle associazioni e dai sindacati del settore gioco che questa mattina, davanti alla Regione Emilia-Romagna, si sono radunati per protestare contro una legge "che mette a rischio il lavoro di più di 1000 persone". Oltre 300 operatori del settore gioco sono infatti in presidio davanti alla sede del governo dell'Emilia-Romagna, a Bologna, per chiedere una modifica alla legge regionale che, "così com'è, mette a rischio la sopravvivenza di oltre 468 agenzie" (VIDEO). Arrivano da tutta la regione i lavoratori e gli addetti di centri scommesse, sale bingo e agenzie dedicate al gioco che stamani, attorno alle 9, hanno iniziato a radunarsi davanti ai palazzi di viale Aldo Moro, dove è in corso l'Assemblea legislativa, capofila l'Utis, il sindacato che ha organizzato la manifestazione. A seduta iniziata, quindi, i manifestanti, con striscioni, cartelli e fischietti, hanno cercato di entrare all'interno del civico 50, dove si trova l'aura dell'Assemblea, trovando l'ingresso sbarrato. "La legge regionale – spiega all'AdnKronos Alvise, 24 anni, impiegato in un centro scommesse di via Ferrarese, a Bologna – avrà effetti devastanti sul gioco, imponendo la chiusura di molte attività a causa dell'applicazione del distanziometro". La retroattività della norma è uno dei punti sollevati dai manifestanti, che chiedono una modifica alla legge affinché questa si applichi alle nuove licenze, e non alle attività già in essere. "Noi rispettiamo i divieti imposti relativamente ai minori e facciamo fare corsi sulla ludopatia ai nostri dipendenti - racconta Nilla, 67 anni, titolare di un'agenzia in attività da 35 anni a Cesenatico - ma pretendere che attività che operano da anni si adeguino ai nuovi standard significa farle chiudere". In Emilia-Romagna, spiegano i lavoratori del settore, ci sono 468 agenzie, che danno lavoro a oltre 1000 persone. "In altre regioni, la retroattività non è prevista, noi chiediamo alla nostra Regione di fare lo stesso - sottolinea Matteo, 35 anni - il settore va regolamentato, ma non sulla pelle dei lavoratori". "Colpire le agenzie non significa contrastare la ludopatia - è il messaggio che i lavoratori del settore vogliono far passare con il presidio -: ormai tutti possono giocare da casa. In più, così si favorisce il gioco clandestino, terreno della criminalità organizzata". La legge regionale, spiega Stefano Sbordoni, segretario generale Utis, che riunisce le ricevitorie italiane, "mette a rischio almeno 5 mila piccole imprese, individuali e non, che moltiplicate per famiglie e i dipendenti diventa un numero molto rilevante di posti di lavoro. In pratica, la norma regionale pregiudica l'attività di tanti che la svolgono sulla base di una legittimazione data dallo Stato". Il termine per l'entrata in vigore della legge è ormai vicino: chi non avrà trovato una sede alternativa dovrà chiudere. "Ma dalle mappature che abbiamo prodotto è evidente che questo spostamento in molti casi è impossibile - sottolinea il segretario Utis - perché il territorio che abbiamo è quello che è". Le associazioni di categoria e i sindacati, quindi, vorrebbero far slittare questa scadenza: "Se la disponibilità dei capigruppo è valutare le ragioni di questa protesta - prosegue Sbordoni - la proroga è l'unica possibilità. Ne dà il tempo e in vista delle prossime elezioni consentirebbe di rivedere la normativa in termini di efficacia e non solo di proclami. Conoscendo l'iter per le modifiche normative, la proroga è l'unica possibilità immaginabile". Ciò che conta, per il sindacato, "è che i capigruppo prendano consapevolezza di un settore legittimato ad agire, che deve trovare le sue misure e distanze, non quelle che la legge impropriamente applica, per poter svolgere il proprio ruolo di contrasto, filtro e prevenzione degli aspetti patologici, che nessuno nega". Ma "attualmente - sottolinea ancora Sbordoni - il dibattito pubblico è eccessivo, va ricondotto a una sua normalità senza per questo abbassare le armi. Il riordino del settore è previsto da tempo dalla normativa nazionale, da ultimo il decreto Dignità, ma si fa di tutto meno che il riordino. Capisco sia scomodo, ma va fatto per affrontare i problemi, non solo per fare proclami". Altrimenti, chiude Sbordoni, "se togliamo il filtro consegniamo all'ignoto un'attività che esiste da sempre ed esisterà sempre ed è incomprimibile. Ma se non la si cavalca, è non è facile, va in mano a qualcun altro".

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