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Terrorismo, gen. Mori: "Politica diffidava di 'specialisti', unico infiltrato ce lo diede Pecchioli"

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AdnKronos
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Roma, 3 dic. (Adnkronos) - Tra i personaggi sospettati di avere legami con il terrorismo brigatista "ne pedinavamo uno che adesso è diventato molto famoso ma che a quei tempi frequentava persone davvero poco raccomandabili". Parola di Enzo 'Nero' Magrì, ex carabiniere che indagò con la Sezione Speciale Anticrimine insieme al generale Mario Mori, la cui vicenda è raccontata nel libro 'Il coraggio tra le mani. Storia degli invisibili che hanno sconfitto le Brigate Rosse' di Emiliano Arrigo (Historica). Il nome tra le pagine non compare e resta top secret anche durante la presentazione del volume alla sala Nassiriya di Palazzo Madama. Alla presentazione sono intervenuti il coautore ed ex 'operativo' della Sezione Speciale Anticrimine Enzo Magrì, il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa, la senatrice Roberta Pinotti e l'ex generale dell'Arma dei carabinieri Mario Mori. A moderare il dibattito il direttore dell'Adnkronos Gian Marco Chiocci. "La politica diffidava degli 'specialisti' e anche all'interno dell'Arma non eravamo amatissimi", ricorda Mori rievocando gli anni trascorsi a investigare sul terrorismo nella struttura speciale creata dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Quest'ultimo, osserva Mori, "era un grande manager della sicurezza. Non prendevamo assegnazioni dal Comando generale, sceglievamo personalmente gli uomini che avrebbero fatto parte della squadra. Con alcuni di loro il legame è rimasto anche oggi e tra noi ci si chiama come allora, solo con il soprannome". Furono anni, ha ricordato lo stesso Magrì, di pedinamenti, attese, lavoro quotidiano estenuante e rischiosissimo. "Infiltrati? Solo uno - ha spiegato Mori - era un ragazzo che ci consegnò Pecchioli, che noi arrestammo insieme agli altri. Per individuare il numero maggiore possibile di componenti di un gruppo si sceglieva di non arrestarli tutti, ma di lasciarne fuori qualcuno e di controllarlo per arrivare ai capi e a tutti membri dell'organizzazione. Una volta individuammo 39 brigatisti e ne prendemmo 35. Il magistrato mi disse: 'Va bene, questi domani potrebbero sparare a me o a lei ma facciamo come dice'. Un metodo che vale sempre", aggiunge Mori alludendo alle polemiche seguite alle indagini per l'individuazione del covo del capo della mafia Totò Riina. Quanto ai pentiti, "ben venga il loro apporto ma ogni cosa che riferiscono ha valore solo se ha un riscontro preciso e concreto". A giudizio di Chiocci, che diversi di questi investigatori 'invisibili' li ha conosciuti da cronista, "il libro di Arrigo colma una lacuna perché dà voce e spazio a chi si è 'sporcato le mani' con una vita di sacrifici e fatica, vivendo 'in clandestinità' proprio come i brigatisti". 'Il coraggio tra le mani' "racconta di eroi silenziosi di cui non si parla mai, se non quando uno di loro muore in servizio. Questo libro in qualche modo rende loro giustizia". Dal vicepresidente del Senato Ignazio La Russa è arrivato un affondo: il contrasto al terrorismo sarebbe stato più efficace e rapido "se una certa sottocultura di sinistra avesse smesso un po' prima di parlare di 'compagni che sbagliano' e se l'estabishment italiano e internazionale non avesse dato la propria copertura al fenomeno. Sarebbe stato più facile combattere le Brigate Rosse se fin dall'inizio fossero stati messi in campo i mezzi adeguati e le strutture necessarie". "Da parte del Pci vi fu sicuramente una presa di distanza e la condanna del fenomeno brigatista, ma tale deferenza non vi fu però allo stesso modo da parte di tutto il mondo della cultura della sinistra che per molto tempo considerò quello delle Br come l'ambiente dei 'compagni che sbagliano', senza che vi fosse una presa di posizione definitiva nei loro confronti". Pronta la replica di Roberta Pinotti, che ha invitato La Russa a "non fare confusione tra la storia del Pci e quella dei gruppi di sinistra che si ispiravano al comunismo, che capirono il loro errore con ritardo. Il Pci ebbe una posizione ben chiara, al punto che, ancora prima di Guido Rossa, le sezioni del partito venivano presidiate per paura di attacchi da parte delle Br". "Questo libro - ha sottolineato l'autore, Emiliano Arrigo - è stato scritto per raccontare la storia delle Br vista dagli 'invisibili', gli uomini della sezione speciale anticrimine dell'Arma dei Carabinieri che si sono battuti in prima linea contro il terrorismo brigatista e le cui vicende non sono mai state narrate. Uomini che hanno pagato un alto tributo, se si pensa che fra le loro fila si contano negli anni di piombo 600 morti e 3mila feriti e i cui nomi sono sempre rimasti sconosciuti. Dei tanti libri scritti sul fenomeno delle Brigate Rosse questo è il primo che racconta la loro storia".

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